Dieci nomi per il 2013 Casini guida la pattuglia dei possibili successori

by Editore | 25 Marzo 2012 15:43

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ROMA – Il passo indietro di Napolitano è il colpo di pistola sulla linea di partenza. Il segnale che almeno dieci concorrenti aspettavano per posizionarsi ai blocchi della gara più lunga e incerta che ci sia, quella per il Colle: maggio 2013, quando il nuovo presidente della Repubblica sarà  eletto dal nuovo parlamento. «E difficile prevedere oggi quello che accadrà . Dipende da come andranno le elezioni, quali partiti ci saranno – ragiona Fabrizio Cicchitto – , perché un anno di questa fase politica equivale a quindici anni di “prima”. Certo questa uscita di Napolitano fa riflettere». Intanto il capogruppo Pdl ha zittito ieri il suo vice Maurizio Bianconi che aveva gioito per la rinuncia di Napolitano («ce ne faremo una ragione»). 
Nessuno se l’aspettava infatti, né a destra né a sinistra. Anzi, ormai quasi si dava per scontato che Napolitano sarebbe rimasto almeno un altro paio d’anni al Quirinale – o almeno ci avrebbe provato – , con un nuovo mandato, per favorire la prosecuzione del governo Monti anche nella prossima legislatura. Per poi eventualmente, terminata la fase del risanamento, dar vita a una singolare “staffetta” al Quirinale con il Professore. Questo era lo schema di gioco. Spazzato via inaspettatamente dal diretto interessato. Senza contare l’introduzione, da parte di Napolitano, della variabile femminile, che aggiunge possibili concorrenti. 
Ma non c’è alcun dubbio che il primo e meglio piazzato sia in questo momento Pier Ferdinando Casini. Il leader del Terzo Polo è il candidato che interpreta meglio di altri la fase “non-partisan” della politica. È stato fra i registi della nascita del governo Monti, oltre che presidente della Camera. Appare come il leader che ha sostenuto con più convinzione il premier in ogni frangente. Un curriculum che lo proietta naturalmente verso il Colle. Eppure, paradossalmente, è proprio il Professore il principale ostacolo di Casini nell’ascesa al Quirinale. Chi infatti più e meglio dello stesso Monti potrebbe sorvegliare dall’alto che i futuri governi “politici” non si allontanino dal sentiero “virtuoso” tracciato dai professori? Un Monti candidato alla successione, a parte la scontata opposizione di Idv e Lega, non potrebbe non avere il sostegno dei partiti che fin qui l’hanno appoggiato in Parlamento. «Se qualcuno lo candida – osserva Benedetto Della Vedova, capogruppo di Fli – quale forza politica può permettersi di dirgli di no? Mi sembra difficile immaginare, dopo l’esperienza a palazzo Chigi, che Monti torni a fare il senatore a vita». Oltretutto c’è un’altra considerazione che Della Vedova non esterna ma che comincia a farsi strada nella maggioranza “strana” di Monti. Un retropensiero che riguarda la doppia corsa per la presidenza della Repubblica e per la premiership. Perché nel Palazzo è ormai diffusa la convinzione che il Professore andrà  a ricoprire una delle due caselle. E dunque per il Pdl e il Pd potrebbe essere più conveniente – il male minore – mandarlo al Quirinale piuttosto che trovarserlo altri cinque anni a “commissariare” la politica da presidente del Consiglio. 
Se Casini e Monti sono i due candidati sulla carta più forti, la lista dei pretendenti è molto più lunga. E più sbilanciata sul centrosinistra. Il Pdl infatti, dopo l’indebolimento di Gianni Letta per le vicende P3, soffre l’assenza di nomi spendibili. Spendibili davvero, visto che il fantasma di una candidatura del Cavaliere non viene più presa in considerazione da nessuno. Ci sarebbe Renato Schifani, ma difficilmente godrebbe di consensi a sinistra. Ci sarebbe Beppe Pisanu, ma il suo ruolo nel tramonto di Berlusconi lo rende inviso al suo stesso partito di provenienza. A sinistra invece i candidati sono fin troppi: primo tra tutti il cattolico adulto Romano Prodi, ma anche Giuliano Amato, Massimo D’Alema. E, se si andasse su una donna, Rosi Bindi. Per non parlare di una “wild card” come Emma Bonino

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