Derivati, speculazione fallita ora l’Italia paga 3,4 miliardi

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ROMA – L’Italia e i derivati. Nel giorno in cui lo spread sfiora quota 275, il minimo da agosto e proprio quando il Tesoro lancia il Btp Italia, il primo indicizzato all’inflazione e sottoscrivibile online, s’apprende che il paese ha pagato 3,4 miliardi di dollari a Morgan Stanley per uscire da una scommessa sui tassi d’interesse. Per questo, la banca d’affari ha annunciato di aver tagliato la sua «esposizione netta» verso il Tesoro nazionale dello stesso importo.
L’agenzia Bloomberg, nel dare la notizia, spiega che il paese, il secondo più indebitato della Ue, ha pagato questa somma per svincolarsi da contratti derivati che risalivano agli anni ‘90. Motivo: era diventato meno oneroso cancellarli che rinnovarli. In base ai dati raccolti l’Italia, già  gravata da un debito-monstre, avrebbe perso sui derivati più di 31 miliardi di dollari agli attuali valori di mercato. La cifra pagata a Morgan Stanley equivale a circa la metà  della somma che il governo conta di incassare quest’anno dall’aumento dell’Iva. E, soprattutto, evidenzia i rischi posti dai derivati che i paesi usano per abbassare i costi di indebitamento e ripararsi dall’altalena dei mercati.
Secondo la ricostruzione di Bloomberg, quando i debiti contratti dall’Italia hanno sfondato i mille miliardi di euro a metà  anni 90, il Paese ha iniziato a utilizzare gli swap sui tassi d’interesse e le cosiddette swaptions (opzioni per entrare in uno swap) per tagliare i costi del servizio del debito. Molti bond dell’epoca avevano scadenze a 5 o 10 anni, alcuni pagavano cedole fino al 10%: l’Italia ha usato gli swap per spalmarli su un arco di 30 anni e oltre e ha ridotto i suoi costi per gli interessi emettendo swaptions. Le entrate incassate dalla vendita dei derivati sono servite per pagare i debiti. Quando i tassi degli swap, che seguono i rendimenti dei bond tedeschi, sono iniziati a crollare dopo il 2008 e la volatilità  delle opzioni ad aumentare, l’Italia si è trovata a dover pagare alle banche soldi sui derivati.
Silenzio degli interessati sull’intera vicenda. Fonti italiane tuttavia fanno sapere che i contratti con Morgan Stanley sono in un accordo-quadro del 1994 dove c’è la clausola rescissoria in favore dell’istituto Usa. L’operazione in questione è però unica nel suo genere e l’accordo è stato chiuso proprio perché la banca ha fatto valere questa clausola, su pressione delle autorità  americane. A inizio anno, Morgan Stanley ha comunicato alla Sec Usa, l’organo di controllo della Borsa, di aver «effettuato alcune ristrutturazioni sui derivati chiuse il 3 gennaio 2012» e di aver ridotto l’esposizione verso l’Italia di 3,4 miliardi di dollari. Nel quarto trimestre l’istituto ha registrato profitti per 600 milioni, anche grazie alla risoluzione dei contratti italiani. I cinque principali operatori di swap Usa sono: oltre alla Morgan Stanley, Goldman Sachs, Bank of America, Citigroup e JpMorgan Chase. Complessivamente hanno un’esposizione netta sui derivati con l’Italia di 19,5 miliardi di dollari. Cifra che, sommata agli importi relativi alle banche europee rese note nel corso degli stress test condotti dalla European banking authority, porta l’ammontare a 31 miliardi di dollari.
Lo spread italiano ha chiuso a quota 281. Il Btp Italia avrà  un tasso minimo garantito del 2,25%.


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