Denunciato il fondatore di Facebook

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Questa volta è Paul Ceglia che rivendica il cinquanta per cento della proprietà  di Facebook, portando come prova una serie di mail scambiate con Zuckeberg, che gli prometteva di cedere metà  dell’azienda per il lavoro svolto nelle fasi preliminari del social network. Immediata la risposta dei legali di Facebook, che hanno chiesto all’università  di Harvard di entrare in possesso di oltre 200 e-mail scambiate tra Zuckeberg e Ceglia tra il 2003 e il 2004. I messaggi di posta elettronica testimonierebbero che nessuna promessa, ne tanto meno accordo c’è stato tra Zuckerberg e Ceglia sugli assetti proprietari di Facebook.
Non è la prima volta che Zuckeberg ha problemi attorno alla «paternità » di Facebook. La prima denuncia è stata fatta dai fratelli Tyler e Cameron Winklevoss e Divya Naredra, che lo hanno accusato di aver rubato l’idea di Facebook. la denuncia fu fatta solo al rettore dell’Università , che respinse le accuse. Non contenti i tre giovani si rivolsero a un tribunale, che invitò tutti a trovare un accordo. La seconda volta che Zuckeberg dovette vedersela con gli avvocati sulla proprietà  di Facebook fu quando il suo primo compagno di viaggio Chris Huges lo denunciò per averlo cacciato senza motivo. Questa volta il contenzioso non finì in tribunale, ma con un accordo monetario (voci ben informate hanno sempre sostenuto che Huges fu indennizzato con centinaia di milioni di dollari).
Tutte queste voci, denunce terminerebbero se Facebook fosse quotata in borsa. Mark Zuckerbeg ha presentato alcuni mesi fa un proposta che se approvata dalle autorità  di borsa vedrebbe schizzare il alto il valore del social network, facendo diventare gli azionisti attuali (sulle percentuali della azioni che finirebbe nelle loro tasche c’è il massimo riserbo) miliardari. Che la società  di certificazione prenda così tanto tempo gioca ovviamente a favore di Zuckerbeg, che nel frattempo ha investito milioni di dollari nel restyling di Facebook e iniziato una politica di acquisizioni di società  produttrici di applicazioni, alimentando così le ipotesi su una strategia che trasformi Facebook in una società  «globale» non solo geograficamente, ma come imprese privilegiata per stare in Rete.


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