Dell’Utri, la rivolta dei pm antimafia “Schiaffo a Falcone e Borsellino”
PALERMO – Il giorno dopo la sentenza che ha definitivamente allontanato lo spettro del carcere per Marcello Dell’Utri, mentre il senatore si gode in famiglia l’annullamento della condanna a sette anni «rasserenato e voglioso di stare in disparte», come dicono dal suo entourage, da Palermo parte la rivolta dei pm antimafia. È Nino Di Matteo, il sostituto procuratore titolare dell’inchiesta sulla trattativa, ad alzare il tiro bollando come «gravi e irresponsabili» le affermazioni del sostituto procuratore generale della Cassazione Iacoviello che ha sollecitato l’annullamento della sentenza dell’Utri definendo il concorso esterno «un reato a cui non crede più nessuno». «Così – dice Di Matteo – nella lotta alla mafia si riportano le lancette indietro di 30 anni e, ponendosi peraltro in contrasto con la giurisprudenza delle Sezioni unite, si delegittimano in partenza centinaia di indagini e di processi e persino molte condanne definitive».
Investigatori come Bruno Contrada e Ignazio D’Antone, o come il maresciallo del Ros Giorgio Riolo, politici come l’ex senatore democristiano Vincenzo Inzerillo o l’ex assessore regionale Franz Gorgone, e altri meno conosciuti in Calabria, Campania, tutti colletti bianchi che, con sentenze definitive, stanno scontando pene da 5 a 10 anni di carcere per aver aiutato i clan. Di condannati per concorso esterno nelle carceri italiane ce ne sono a decine, ma da quando le Sezioni unite della Cassazione hanno pronunciato la sentenza che ha assolto dalle accuse di mafia l’ex ministro democristiano Calogero Mannino, ora nuovamente sotto inchiesta come uno dei protagonisti della trattativa tra Stato e Cosa nostra nella stagione delle stragi, la musica è cambiata. E i magistrati che lavorano alle inchieste su mafia e politica si sono ritrovati con un’arma spuntata. Così a Catania l’inchiesta durata anni sul governatore Raffaele Lombardo, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, è abortita anzitempo producendo un mini-processo davanti al pretore per voto di scambio semplice mentre per il reato di concorso esterno la procura, dopo la spaccatura che ha portato alla revoca dell’indagine ai pm titolari, ha chiesto l’archiviazione. Una richiesta sulla quale il gip Luigi Barone si pronuncerà proprio domani.
Si dice sbalordito il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia: «È veramente triste registrare nel 20° anniversario delle stragi l’ennesimo tentativo di demolizione del metodo stesso di Falcone e Borsellino sul concorso esterno. Quanto al processo Dell’Utri la pronuncia della Cassazione non equivale in nessun modo ad una dichiarazione di assoluzione di Dell’Utri. Se così fosse stato non avrebbero disposto l’annullamento con rinvio disponendo un nuovo processo. Leggeremo le motivazioni».
Sul fronte politico cresce la polemica: ad Alfano che chiede «chi restituirà a Dell’Utri 16 anni di gogna e dolore?» fanno eco Gasparri («Il caso Ingroia ci spinge a votare senza modifiche la norma sulla responsabilità civile dei giudici») e Cicchitto: «I pm di Palermo sono militanti, c’è stata opera di manipolazione».
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