Da Sigma Tau alla Fincantieri la lista dei 135 mila posti a rischio

by Editore | 22 Marzo 2012 6:33

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ROMA – Ci sono le grandi crisi aziendali, quelle che emergono per il numero di persone coinvolte, per le proteste che fanno notizia, per le vertenze già  approdate – in cerca di mediazione – al ministero dello Sviluppo economico. E poi c’è la miriade di piccole imprese che muore giorno per giorno, che licenzia un operaio alla volta e di cui nessuno parla. La mappa dell’economia malata è vasta, varia e sempre più affollata. Le crisi aziendali per le quali – visto l’impatto sulla produzione e sull’occupazione – è già  stato chiesto l’intervento del governo sono 300 e riguardano 300 mila lavoratori a rischio. Le più gravi, quelle che mettono in discussione la tenuta del territorio e per le quali si può parlare di rischio «sociale» sono 109 e riguardano oltre 135 mila dipendenti. 
E’ questo il quadro con il quale faranno i conti i nuovi ammortizzatori sociali della riforma Fornero. Molto dipenderà  dalla definizione della fase transitoria che porterà  a regime le nuove norme nel 2017, ma le dimensioni del fenomeno restano. La crisi si può leggere per settori (dalla chimica, al siderurgico, al tessile), o per territori. Guardando ai marchi noti (dal turismo Valtur alla moda Belstaff) o seguendo stillicidio delle piccole imprese edili che ogni giorno chiudono e licenziano (Fillea-Cgil ne tiene un diario quotidiano). 
E’ drammatica, più di ogni altra, la situazione del Sulcis sardo, dove a rischio, ci sono 800 lavoratori di Alcoa e 600 di Euralluminia, stabilimento fermo da tre anni in un territorio che offre poco altro. Ma nella lista «nera» della crisi c’è anche Termini Imerese, la fabbrica Fiat con gli oltre 1500 dipendenti in cassa integrazione che stanno aspettando una reindustrializzazione, quella promessa da Di Risio, che non arriva. Accanto alle difficoltà  dei settori tradizionali come quelle con la quale fanno i conti Fincantieri e i suoi oltre 1.200 esuberi strutturali, ci sono quelle incontrate dai settori d’avanguardia: anche Fastweb ha deciso di «tagliare» 250 dei 3.200 lavoratori che occupa in Italia. Ci sono situazioni gravi ormai da anni, come il dramma vissuto dal gruppo Eutelia, e criticità  delle ultima settimane (20 esuberi a Palermo e 15 a Genova per la Rinascente, 52 nello stabilimento Coca Coca di Empoli). 
Salvatore Barone, coordinatore del Dipartimento industria della Cgil, assicura che la crisi non è tutta qui. «La sofferenza creditizia delle banche, le difficoltà  dei grandi gruppi e le conseguenze che comportano sull’indotto fanno sì che a chiudere sia una miriade di imprese locali – commenta – ed è per questo che dobbiamo parlare di licenziamenti di massa». Non solo: «Se trasformiamo il monte ore di cassa integrazione in posti di lavoro vediamo che ci sono, già  oggi, oltre 400 mila lavoratori inattivi». Ma il rischio di un autunno difficile non preoccupa solo il sindacato: ieri Mario Baldassari, relatore del disegno di legge fiscale, ha sollecitato il governo ad «anticipare gli elementi di manovra a sostegno dell’economia reale». Facilitare i licenziamenti e mettere paletti al precariato non basta per favorire l’occupazione.

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