Case, Stangata sulle zone di pregio, sconti in provincia
Se ne parla da almeno vent’anni, ma questa dovrebbe essere la volta buona: la legge delega sul fisco che il governo dovrebbe avviare la prossima settimana porterà con sé la rivoluzione del catasto e cambierà il rapporto che i cittadini hanno con il valore della propria abitazione.
Ora infatti le tasse sulla casa vengono calcolate in base ai vani catastali in cui è divisa l’abitazione: in termini di tasse la cameretta di dodici metri quadrati o il salone di trenta pari sono. Le nuove regole fisseranno invece il valore della casa in base ai suoi metri quadrati. Cambierà la scaletta delle categorie catastali. La classificazione attuale nasconde diverse “bugie”: dai dati ufficiali risulta infatti che in Italia ci sono un milione di case senza bagno e che le abitazioni di lusso non vanno oltre le 36 mila unità (su un totale di quasi 33 milioni di immobili residenziali).
La riforma punta a far sì che il valore fiscale della casa corrisponda il più possibile a quello di mercato. Per raggiungere l’obiettivo si terrà conto di quanto vale l’abitazione sia in termini di reddito che di patrimonio. Il corretto conteggio sarà effettuato grazie ad un complesso algoritmo.
Ma i contribuenti, nel loro complesso, saranno chiamati a pagare di più. Soprattutto se proprietari di abitazioni in centri storici o in città a vocazione turistica.
Il governo assicura che la manovra sarà a saldo zero: non entrerà un euro in più nelle casse dello Stato perché i maggiori introiti saranno restituiti ai cittadini attraverso uno sconto sulle aliquote da versare. La compensazione, però, non potrà essere uguale per tutti. Probabilmente favorirà le nuove periferie urbane. E, soprattutto, non è detto che la promessa sulla restituzione possa essere mantenuta. La casa, infatti, per le casse dell’erario resta una delle fonti d’entrata più sicura e veloce: davanti alla necessità di fare cassa, sia da parte dello Stato che da parte delle amministrazioni comunali che – nella partita fiscale sugli immobili – giocano un ruolo importante. Il saldo zero, in caso di difficoltà , potrebbe saltare.
La superficie / Due abitazioni da 100 mq ma una paga 500 euro di più
E’ il punto fondamentale della riforma del catasto: le tasse sulla casa, secondo le nuove norme, saranno pagate in base ai metri quadri «occupati» dall’abitazione, non più seguendo il conteggio dei vani catastali. La definizione di vano – d’altra parte – ora è piuttosto vaga: può essere considerato tale sia la cameretta di 12 metri quadrati che la camera da pranzo di 30. Lo stanzino dove entra a malapena un armadio e il salotto che ospita un pianoforte a coda. Non c’è misura e non c’è giustizia: al fini del fisco pari sono. I rischi di sperequazione possono essere enormi. A Roma, per esempio, due appartamenti, uno con una superficie di 100 metri quadrati e l’altro di 74,4, possono avere lo stesso numero di vani (sei) e pagare – ora – lo stesso importo in tasse. Su due appartamenti di 100 metri quadri ciascuno, ma con diverso numero di vani, la tassazione può differire anche per 500 euro. Quando la riforma catastale entrerà in vigore, l’introduzione del parametro “metro quadrato” diminuirà le storture. Ovviamente, sull’importo da versare, bisognerà considerare anche la localizzazione dell’immobile e lo stato in cui si trova, ma l’ampiezza diventerà il criterio base. Sarà il metro quadrato a definire il valore reddituale dell’abitazione (l’affitto medio incassato dal proprietario al netto delle spese di manutenzione) e quello patrimoniale.
L’imponibile / Reddito e patrimonio per avvicinarsi alla realtà
Dopo aver misurato la casa in metri quadri e averne stabilito la categoria catastale d’appartenenza, all’immobile dovrà essere attribuito un corretto valore fiscale. Per farlo bisognerà prima rapportarlo al suo valore di mercato e definire suoi due valori base: quello reddituale e quello patrimoniale.
Oggi le differenze possono essere molto ampie. Per le abitazioni, il valore corrente di mercato è pari – in media – a 3,73 volte la base imponibile a fini Ici per gli immobili di proprietà delle persone fisiche. Per i contribuenti Irpef, il rapporto oscilla tra il 3,59 delle abitazioni principali e il 3,85 delle altre abitazioni. Un intervento sul valore fiscale della casa è già stato effettuato attraverso la rivalutazione del 60 per cento introdotta dal decreto «Salva Italia». Ma ora la riforma catastale che viaggia assieme alla legge delega sul fisco introdurrà una variabile nuova di zecca: l’algoritmo. Si tratta di una complicatissima funzione informatica che – partendo dai valori medi – li rivoluzionerà tenendo conto delle caratteristiche della zona e dell’edificio. Quel che più conta, però, e che l’algoritmo è «mobile»: ovvero i valori potranno essere periodicamente aggiornati facendo sì che le modifiche di mercato (una zona periferica che diventa di tendenza) possano essere immediatamente recepite dal fisco.
Chi perde e chi guadagna / Zone turistiche tartassate periferie senza scossoni
Anche se il governo si impegna a compensare le entrate aggiuntive che verranno dall’operazione-catasto con un abbassamento delle aliquote, ciò non eviterà di penalizzare alcuni proprietari di abitazioni e di favorirne altri. E questo perché la compensazione non potrà che essere uniforme mentre i maggiori costi della rivoluzione catastale si differenzieranno a seconda delle zone, dei metri quadri e del tipo di abitazione. Ciò significa che una volta abbassate per tutti le aliquote o le detrazioni nelle tasse sulla casa (per assicurare il saldo zero dell’intera operazione), ci saranno alcune abitazioni, come quelle delle zone di pregio e quelle delle aree di grande interesse turistico, che subiranno quasi sicuramente una vera e propria stangata fiscale. Altre, soprattutto in provincia, potrebbero vedere invece alleggerito il peso fiscale che attualmente grava su di loro, tra Imu e altre imposte. Infine, per le periferie delle grandi città , la situazione potrà variare da caso a caso, e non sono esclusi sconti. Saranno favoriti anche gli appartamenti che, a parità di superficie rispetto ad altri, presentano un numero di vani superiore. Oggi invece pagano di più. Si tratta soprattutto delle nuove costruzioni, che presentano una distribuzione più razionale degli spazi rispetto a molte vecchie abitazioni.
La compensazione / Possibili tagli di aliquote c’è l’incognita-Comuni
Di riforma del catasto si parla, con maggiore o minor costanza, da circa venti anni. Gli ultimi due governi – Berlusconi prima, Monti ora – annunciando l’intenzione di procedere hanno entrambi messo in chiaro un fatto: le nuove norme saranno a saldo zero. «Non servirà a far cassa, non sarà una stangata», ha precisato l’esecutivo in carica puntando l’attenzione sul valore di equità della riforma. Dunque i maggior introiti derivati dalla rivalutazione dell’immobile saranno, in qualche forma, restituiti al cittadino. Come? L’ipotesi più probabile è quella che prevede la compensazione delle maggiori rendite con riduzioni di aliquote «in riferimento alle imposte sui trasferimento».
Se così fosse le entrate dello Stato risulterebbero di fatto invariate, anche se la correzione avverrà sui valori medi, non sul singolo proprietario che potrà essere del tutto o solo parzialmente compensato dallo sconto sull’aliquota. In realtà la partita fiscale non sarà tutta nelle mani del governo, un ruolo importante nelle imposizioni fiscali sulla casa è infatti attribuito ai Comuni. Lo Stato potrà anche abbassare le aliquote (sempre ammesso che non abbia disperato bisogno di fare cassa). Ma se taglierà anche i trasferimenti agli enti locali indurrà i sindaci a far quadrare i bilanci intervenendo sull’Imu.
Le categorie / Le finte case ultrapopolari 1 milione risulta senza bagno
Categorie catastali: anche sotto questo profilo la riforma cambierà i parametri rivoluzionando le attuali classifiche. I criteri oggi individuati per stilarle sono indubbiamente superati, basti pensare che il 70 per cento degli immobili è ora compreso fra la categoria A2 e A3 senza che la distinzione abbia alcun legame con il mercato. Non solo, visto che a categoria bassa corrisponde basso prelievo fiscale, l’italica fantasia non ha trovato, nel passato, limiti d’applicazione: non si spiegherebbe in altro modo il fatto che – su quasi 33 milioni di immobili residenziali – oggi solo poco più di 36 mila risultano essere di tipo signorile (A1). Le case accatastate in A6 – l’ultimo gradino della scaletta, quello al di sotto del quale l’appartamento non ha dignità abitativa – sono invece oltre un milione. Un milione di case ultrapopolari nelle quali, in teoria, non dovrebbe esserci nemmeno il bagno. Spesso tali “stamberghe” si trovano in pieno centro storico: se l’architetto di turno ha rilevato la stanzetta a pochi soldi dalla vecchiette di turno e ne ha fatto un appartamento mono-vano, very cool, al fisco non è dato saperlo. Sempre A6 è rimasto. Per non parlare delle case che non sono accatastate affatto. L’Agenzia delle Entrate – grazie ad un sofisticato sistema di sovrapposizioni fotografiche – ha ormai la possibilità di individuarle: in Italia ci sarebbero circa 2,2 milioni di “case fantasma”.
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