Boom di cassa integrazione Sulla riforma allarme costi
ROMA — Torna a aumentare il ricorso alla cassa integrazione in febbraio, secondo i dati diffusi ieri dall’Inps. L’ombra della recessione si allunga così sulla trattativa sul mercato del lavoro, che potrebbe ripartire martedì prossimo, dopo lo sciopero generale dei metalmeccanici Fiom di venerdì.
Il nodo da sciogliere resta quello delle risorse da destinare agli ammortizzatori sociali, per questo preoccupa in particolare l’aumento, a febbraio, della cassa in deroga (quella a carico della fiscalità generale) pari al 133% su gennaio 2011, e al 40% su febbraio 2011. «Oggi per gli ammortizzatori sono ipotizzati 8,5 miliardi — ha detto ieri a Ballarò il leader della Cgil, Susanna Camusso riferendosi peraltro all’esborso relativo agli anni precrisi —. Per arrivare a un sistema equo e allargato bisogna arrivare a 15 miliardi». Secca la risposta del viceministro all’Economia Vittorio Grilli: «Prendiamo atto».
Per il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, nei dati sugli ammortizzatori di febbraio c’è «un’interruzione nell’andamento tendenziale degli ultimi tempi che si presentava in costante discesa, occorrerà comunque aspettare i prossimi mesi per comprendere qual è l’effettiva tendenza di questo 2012».
Intanto, però, il ricorso alla cassa in deroga sorpassa per la prima volta quello agli strumenti «classici»: quelli ordinari sono aumentati del 31,4% rispetto a febbraio 2011, quelli straordinari hanno segnato una diminuzione, rispetto allo stesso mese, del 10,9% da attribuire al settore industriale. Nel complesso, tenuto conto cioè di tutti gli strumenti, nel mese scorso l’incremento mensile delle ore richieste è stato pari al 49,1%. Un dato che una pluralità di commentatori legge come il segno dell’ingresso in una fase di piena recessione in cui le imprese, esaurito il ricorso agli ammortizzatori, iniziano a chiudere i battenti.
Non poteva esserci periodo peggiore per mettere mano alla strumentazione esistente. Imprese e sindacati sono preoccupati parimenti che parte degli attuali costi si sposti dalla fiscalità generale a loro carico. Ieri Rete Imprese Italia, che rappresenta commercianti e artigiani, è tornata a spiegare che nella contribuzione Inail terziario e artigianato evidenziano un avanzo rispettivamente di 9 e 10 miliardi, mentre per quanto riguarda la cassa integrazione (compresa quella in deroga), le stesse tabelle dicono che per il 75% è utilizzata dall’industria, per il 15% da commercio e artigianato.
Dall’altra parte del tavolo, la Cisl «non vede di buon occhio l’insistenza del governo sullo strumento dell’indennità di disoccupazione» sia perché «non mantiene la continuità lavorativa», sia perché «si presta ad abusi e truffe». Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, preferirebbe vedere rafforzato l’attuale sistema di ammortizzatori.
Al ministero del Lavoro, i tecnici che collaborano con Elsa Fornero stanno cercando di calcolare il plafond necessario a pagare le necessità del 2012 e del 2013, ammontare che potrebbe essere poi consolidato al momento della applicazione della riforma, fissata per ora al 2017. Ma il calcolo non è semplice: solo per la cassa in deroga servirebbero quest’anno 2,5-3 miliardi.
Venerdì scenderanno in piazza i metalmeccanici della Fiom in sciopero per rivendicare più democrazia nel lavoro, secondo lo slogan da loro coniato: «Chiediamo al governo Monti di non cancellare l’articolo 18 — ha detto il leader Maurizio Landini —, di fare una legge sulla rappresentanza sindacale e di aprire un tavolo sulla Fiat perché non se ne vada dal nostro Paese e chiarisca finalmente il suo piano Fabbrica Italia».
Durante un incontro all’università Luiss, promosso dal think tank «La scossa» che ha proposto un modello di riforma fiscale, Landini è tornato sul ruolo dell’esecutivo: «Non sono pregiudizialmente contrario al governo Monti — ha precisato — ma non vedo nel nuovo esecutivo la capacità di misurarsi sul tema della piena occupazione» ha detto. Poi, per una volta lasciando da parte il cipiglio di «duro e puro», ha ricordato quando in famiglia suo padre riusciva con il proprio lavoro a mantenere cinque figli. «Oggi — ha detto — marito e moglie che lavorano non ce la fanno. Io me ne preoccuperei».
Antonella Baccaro
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