BELLO E GENEROSO, COSàŒ SAPEVA OFFRIRTI DA BERE

by Editore | 26 Marzo 2012 2:39

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È stato lui a essere molto generoso con me, veramente. Come consulente di Paolo Grossi dell’Istituto Italiano di Stoccolma aveva fatto tradurre un pezzo di un mio romanzo, una pubblicazione che io poi ho ricevuto direttamente da lui, a Lisbona, come se mi avesse voluto dimostrare che mi aveva letto, e che mi faceva leggere. Ero ospite della libreria italiana a Lisbona e mi arrivò l’invito di andarlo a trovare. Una grande emozione e la sensazione di non saperla gestire. Tutte le volte che avevo conosciuto qualcuno di cui avevo letto per anni era stato in altre vesti: come commessa delle librerie Feltrinelli avevo conosciuto Saramago, ma lì mi proteggeva il cartellino rosso da commessa. Ora andavo proprio a casa di Antonio Tabucchi a Lisbona Rua Monte Oliveta, stretta e precipitevole sul Tago, e ci andavo da scrittrice. Tabucchi è un uomo molto bello, questo va detto, e va detto al presente, perché quando uno scrittore ti apre la porta di casa alle cinque di pomeriggio a Lisbona, se è molto bello è la cosa che noti subito. Questo mi mise a mio agio. E poi la ricercatrice che mi accompagnava gli dava del tu, così dopo un poco ci demmo del tu tutti, e soprattutto intervennero due fattori ad aiutarmi: una nipote riccioluta e svelta per cui lui non si preoccupava di nascondere un amore immenso. E siccome io sono madre ed ero arrivata lì come fanno le madri quando partono, che perdono un poco la bussola, allora subito attaccai a parlare del mio bambino, e mi rilassai.
La seconda cosa è che mi offrì un caffè. In casa con noi c’era una signora addetta alla cucina che si offrì di prepararlo. Io ero molto tesa e non avrei preso il caffè così tentai: “tu lo prendi?” e lui mi rispose che no: avrebbe preso un superalcolico. Pure io avrei preso un superalcolico, pure io lo presi. È bello prendere un whiskey con Tabucchi alle cinque del pomeriggio a Lisbona, è come se te lo avesse offerto direttamente dalla copertina del suo ultimo libro quell’autore che per la tua generazione è stato un riferimento. Poi parlammo bene di Lisbona e bene di Napoli, mi ricordo che non riuscivamo a nominare l’allora presidente del consiglio, l’aria era bassa e indolente e non era il caso. Parlammo male degli editori. Io, istintivamente e, anche dopo, ponderatamente, gli davo ragione perché lui aveva da lì la giusta distanza per dire le cose. Ecco, il senso che mi piace ricordare oggi di Tabucchi è che aveva come scrittore che aveva scritto tanto, con cifra inconfondibile di umanità , come età , e come suo esilio auto-eletto, la distanza giusta dalle cose, per cui io gli ho sempre creduto. Era lui generoso con me, mi mandava link di interviste in cui mi citava. Lo avevo invitato alla prima edizione di “Un’altra galassia”, ma andava a ritirare la cittadinanza onoraria a Creta. Mi rispose però che gli piaceva l’idea e ne avrebbe parlato agli amici. E di invitare Andrea Bajani che “è bravo e ha la vostra età ” e Valerio Magrelli che “è bravo e ha quasi la mia età “. Sono contenta di aver conservato le sue mail e che ri-manderò a Maria José de Lancastre, sua moglie. Credo che quest’anno io e Zé verremo a Napoli. Ne abbiamo voglia. mi ha scritto un’ultima volta a novembre del 2011. Ho trovato la mail al mattino e sono andata a vedere l’ora in cui me l’aveva scritta: erano le cinque e lui stava aspettando che degli antidolorifici facessero effetto. Pensavo: guarda Tabucchi pure alle cinque del mattino con il mal di schiena quanta vita ci mette dentro un computer. 
Quando Repubblica mi ha chiesto di scrivere per lui ho spiegato che mi sembrava una richiesta impropria perché era lui a essere generoso con me. È stato tanto generoso che in quell’ultima lettera mi ha regalato un’etimologia e un invio che non posso ignorare e che sento di dover trasmettere ad altri. Dunque mi diceva che sarebbe venuto a “Un’altra Galassia 2012”: Oxalà , come si dice in portoghese, che è l’Inchallà  che hanno lasciato gli arabi. E poi mi diceva che terminava la lettera perché il dolore stava passando e se ne tornava a letto. Mi ha salutato così: Aspetto il libro. Un caro saluto e stai allegra.

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