Anp in ginocchio senza i fondi dei «donatori»

Loading

L’allarme più forte riguarda le casse vuote del governo di Ramallah, a causa anche delle misure restrittive (posti di blocco, limitazioni ai movimenti di merci e persone, chiusura dei valichi) imposte dalle autorità  di occupazione israeliane che non permettono la crescita dell’economia palestinese. Due giorni dopo la deludente riunione dei donatori a Bruxelles, il premier dell’Anp Salam Fayyad ieri è tornato a lanciare l’appello alla comunità  internazionale a mantenere le promesse. «Aspettiamo i fondi che ci avevano assicurato, devono trasferirli subito, per permetterci di andare avanti», ha avvertito ieri Fayyad. 
I media governativi riferiscono a bassa voce della crisi, per non allarmare i dipendenti pubblici (oltre 100mila) ma la situazione è gravissima. L’Anp, largamente dipendente dai donatori occidentali e, in misura inferiore, da quelli arabi, mostra ancora una volta la sua fragilità  economica che in politica e diplomazia si traduce nell’impossibilità  di sottrarsi ai diktat statunitensi ed europei. Erano 760 milioni di euro promessi per il 2012 e se non arriveranno sarà  un disastro anche per le banche palestinesi esposte per centinaia di milioni di dollari prestati all’Anp. Senza dimenticare l’indebitamento delle famiglie con gli istituti di credito. E il premier Fayyad ora deve fare i conti anche con il Fondo monetario internazionale – per il quale ha lavorato come rappresentante in Cisgiordania dal 1996 al 2001 – che gli ha già  fatto sapere che se i conti non saranno messi in ordine, l’Anp dovrà  tagliare 500 milioni di dollari tra posti di lavoro e assistenza ai più deboli.
Un brutto colpo per i progetti di Fayyad che non molto tempo fa se ne andava in giro per l’Europa sostenendo di poter rinunciare alle donazioni internazionali entro il 2013, grazie alla sua (brutale) politica fiscale nelle aree autonome palestinesi. E ad aggravare le pene del premier dell’Anp è anche il disimpegno progressivo dei paesi arabi più ricchi che al suo governo ormai versano fondi con il contagocce. Nelle casse dell’Anp quest’anno sono entrati solo 32 milioni di dollari provevienti dal Qatar che, allo stesso tempo, avrebbe promesso 250 milioni di dollari al governo di Hamas, ufficialmente per ricostruire Gaza. 
Per questo Fatah, spina dorsale dell’Anp, comincia ad attaccare di nuovo il movimento islamico, accusandolo di essere «miliardario». Un’accusa infondata nonostante l’ascesa dei Fratelli musulmani in Egitto e in altri paesi consenta oggi ad Hamas di vivere una condizione finanziaria meno difficile rispetto agli anni passati. Dalle accuse però l’Anp potrebbe passare ai fatti, tagliando una parte dei fondi che mensilmente dirotta verso la Striscia di Gaza. «Il governo Fayyad ha speso sette miliardi di dollari a Gaza dal 2007 (quando Hamas ha preso il potere nella Striscia, ndr), ogni mese l’Anp trasferisce a Gaza 120 milioni di dollari», ha improvvisamente comunicato il portavoce di Fatah, Ahmad Assaf, in riferimento agli 80mila dipendenti pubblici che continuano a ricevere lo stipendio dal governo di Ramallah – rimanendo a casa perché non sono autorizzati a lavorare per Hamas – e alle spese per l’istruzione e la sanità , oltre alla bolletta energetica di 13 milioni di dollari (ma Gaza resta ugualmente al buio). Ad aggravare l’irritazione di Ramallah sono state anche le proteste due giorni fa di migliaia di palestinesi di Gaza per le «inadempienze» dell’Anp e per i danni provocati alla popolazione dalla rivalità  tra Fatah e Hamas.


Related Articles

Stati uniti. Pompeo chiede a Trump di licenziare chi indaga sulle armi ai Saud

Loading

L’ispettore generale del Dipartimento di Stato Steve Linick cacciato da Trump: stava accertando le misure prese dall’amministrazione per bypassare lo stop del Congresso alla vendita di armamenti a Riyadh e Abu Dhabi

Vi racconto l’America nera ecco perché esplode Ferguson

Loading

La scrittrice afroamericana racconta in esclusiva per “Repubblica” il suo lungo viaggio attraverso il razzismo. Gli immigrati neri: un tempo sono stata una di loro. Non lo sono più. Sono una nera americana, ma anche una nera afroamericana

«La Polonia si orbanizza, attacco a migranti e media»

Loading

Intervista. Danuta Przywara (Helsinki Foundation for Human Rights). L’Ong dell’89: «Disattesa l’accoglienza. In pericolo ormai libertà d’espressione e autonomia della giustizia». Walesa: pericolo guerra civile

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment