Anche i consumatori in default una legge sui crac personali Ecco il piano salva-famiglie

by Editore | 27 Marzo 2012 6:48

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Il Consiglio dei ministri approva un disegno di legge che regola, per la prima volta nella storia del Paese, il caso di bancarotta individuale. Il debitore meritevole, che abbia acceso un mutuo o un prestito in linea con il suo reddito del momento, non sarà  più condannato alla morte civile, non sarà  più un pignorato per la vita. 
«Il giudice – spiega il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Zoppini, padre del provvedimento – potrà  guidare questo debitore verso una ristrutturazione ragionata della sua esposizione. Noi non vogliamo certo incoraggiare la corsa ai debiti. Non vogliamo neanche che una persona perda per sempre il diritto al consumo solo perché si è ammalata, ha divorziato, ha perso il posto di lavoro». Il disegno di legge, che modifica la legge sull’usura del gennaio 2012, salvaguardia creditori speciali (come una ex moglie che riceve gli alimenti) e non autorizza la cancellazione dei debiti verso lo Stato, ma solo la rateizzazione. Ma alla fine di un percorso complesso, saldate una parte delle proprie obbligazioni, il consumatore potrà  beneficiare della cancellazione di tutti i suoi debiti e «godere – spiega Zoppini – di una seconda possibilità ».

La composizione / Progetto di rientro attendibile e il giudice zittisce i creditori    


Il disegno di legge prevede una prima ciambella di salvataggio per il consumatore sopraffatto dai debiti: la «Composizione». La persona in affanno ha il diritto di rivolgersi agli «Organismi di composizione della crisi» che funzioneranno da consulenti gratuiti. Con la loro assistenza, il debitore potrà  preparare un «piano di ristrutturazione» del suo ammanco, dove spiegherà  quanto può realisticamente rimborsare e in che modo. Per soddisfare le richieste dei suoi creditori, il debitore potrà  offrire beni di cui sia proprietario o che immagina di avere in futuro (per una liquidazione, un’eredità ). Questo piano andrà  poi all’esame del giudice, che dirà  se sia realistico ed esente da frodi. A quel punto il giudice potrà  «omologare» il piano e imporlo all’intera platea dei creditori. L’omologazione sospende ogni iniziativa ai danni del debitore, i cui beni non potranno essere pignorati. Se il debitore rispetterà  i termini del piano, il suo debito totale sarà  cancellato (anche se i creditori hanno recuperato una parte di quanto loro spettava). Il giudice dovrà  tutelare creditori “speciali” (ad esempio la ex moglie destinataria di alimenti) e verificare che questo percorso sia più conveniente rispetto all’altra strada che lo stesso disegno di legge prevede: la liquidazione.

La liquidazione / Tutti i beni liquidati senza spese sconti a senza lavoro e divorziati    


Una persona potrebbe avere tanti debiti, ma disporre anche di proprietà  che permettano di fronteggiare – almeno in parte – la situazione di emergenza. Questo intero monte di proprietà  potrà  essere consegnato ad un liquidatore che lo metterà  in vendita. La liquidazione sarà  accelerata e non comporterà  costi per la persona in rosso. Il percorso – come quello alternativo della «Composizione» – potrebbe saldare solo una fetta dei debiti. Quella che resta fuori diventa, in ogni caso, inesigibile. Nel caso della liquidazione come anche della «Composizione», il giudice valuterà  la «meritevolezza» del debitore. In altre parole, le ciambelle di salvataggio arriveranno se il debitore dimostrerà  di aver contratto debiti ragionevoli rispetto al reddito del momento. «Nessun aiuto ai furbi che hanno preso la Ferrari con uno stipendio da impiegato – dice il sottosegretario Zoppini, padre del provvedimento – ma nessuna condanna a vita per chi ha preso un televisore a rate o una Panda quando aveva un lavoro regolare». Nel valutare la «meritevolezza» del debitore, il giudice terrà  conto di circostanze straordinarie che ne hanno compromesso intanto le entrate, dalla malattia al licenziamento, fino al divorzio.

I debiti degli italiani / Per cancellare il deficit 13 mesi senza spendere    


Il 27,7 per cento delle famiglie italiane è indebitato. Un “rosso” che la Banca d’Italia stima in 43 mila 792 euro, di media. «Per cancellarlo – calcola ora il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Zoppini – gli italiani dovrebbero mettere da parte ogni singolo euro guadagnato per 13 mesi di fila». Una utopia. Il debito, però, non è sempre sinonimo di povertà , anzi. Spesso persone dai redditi medio-alti, e qualche proprietà  alle spalle, accendono mutui importanti per comprare un’abitazione. L’11,4 per cento dei nuclei familiari deve rimborsare, appunto, mutui o prestiti per la ristrutturazione di immobili; mentre il 12,4 e il 5,6% ricorre a finanziamenti tramite carta di credito e allo scoperto di conto corrente. 
Ci sono le banche (ammesso che prestino ancora dei soldi). Ci sono le società  finanziarie e, purtroppo, anche gli usurai. Ma uno “sportello” informale di finanziamento è rappresentato da amici e parenti, alla cui porta bussa il 2,6% delle famiglie. 
Gli italiani vulnerabili, quelli che devono spendere oltre il 30 del reddito annuo per ripagare il debito, sono l’11,1% di quelli indebitati. La vulnerabilità  attecchisce nei nuclei con entrate modeste. Riguarda il 37,9% delle famiglie più in basso nella scala delle entrate, contro il 2,2% dei ricchi.

Gli altri / Paesi Berlino all’avanguardia In Svezia c’è l’Authority    


Convinti che l’ammanco personale sia figlio del demonio, i legislatori italiani non hanno mai preso in esame la riabilitazione della persona sopraffatta – suo malgrado e in buona fede – dai debiti. E così l’Italia resta l’unico Paese dell’Ue a non disciplinare la crisi da “sovraindebitamento” (insieme alla piccola Ungheria). Nelle altre nazioni, la legge esiste e si basa su due idee. Primo: chi è andato in rosso può meritare una nuova occasione e, dunque, va restituito alla vita civile e al consumo. Secondo: i creditori rischiano di restare a bocca asciutta se uno solo di loro, più veloce e scaltro, ottiene un pignoramento e si porta via gli ultimi averi del debitore. Anche i creditori, quindi, vanno protetti. In Svezia, il consumatore in difficoltà  presenta un “Piano di rientro” ad una Autorità  indipendente che accoglie il 60% delle proposte ogni anno. La Germania richiede l’accordo della maggioranza dei creditori e nega il “salvataggio” del consumatore quando la gran parte dei debiti sia stata accesa nell’ultimo anno. La Danimarca – in base alle Legge Fallimentare del 2005 – considera decisiva la “meritevolezza” del debitore: se ha acceso il mutuo quando aveva un posto stabile, e poi lo ha perso, non può essere consegnato alla “morte civile”.

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