Altalena di speranze e smentite sulla liberazione di Rossella Urru

by Editore | 4 Marzo 2012 11:21

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Per tutto il giorno ieri si sono rincorse le voci sulla liberazione di Rossella Urru, la cooperante italiana rapita in un campo profughi Saharawi in Algeria. A mezzogiorno sembrava che Rossella fosse già  stata rilasciata dai suoi rapitori, invece, poi la notizia è stata data come non certa e, a tarda sera, di lei non si è sapeva nulla. «È in viaggio verso Bamako», riferiva un dispaccio di agenzia. Ma fonti della polizia antiterrorismo dalla capitale maliana avevano smentito allo stringer del Corriere in loco: «Qui non sappiamo nulla».
Anche da Nouakchott, la capitale della Mauritania, nessuna informazione certa: «Solo voci — aveva ripetuto al telefono Kour Ali, corrispondente dell’edizione araba dell’emittente Al Jazeera –. Quel che si dice è che è stato raggiunto un accordo per la liberazione di Rossella e di un gendarme mauritano prigioniero della stessa gang. In cambio del loro rilascio il governo è pronto scarcerare il terrorista maliano Abderrahmane Oul Meddou».
Secondo Kour Ali, non rientrerebbe nell’accordo invece la liberazione dei due colleghi spagnoli della Urru, rapiti con lei il 23 ottobre scorso, Ainhoa Fernadez de Rincon e Enric Gonyalons, mentre assieme alla liberazione di Abderrahmane Oul Meddou sarebbe inoltre previsto un congruo riscatto. Quanto? «Tutte voci che si rincorrono. Potrebbero essere inventate di sana pianta».
I rapitori di Rossella vengano ormai individuati come criminali comuni, che si sono dati una verniciata di radicalismo islamico. Un documento citato da un’agenzia di stampa parla dei carcerieri come di membri delJamaat Tawhid Wal Jihad Fi Garbi, cioè il Movimento Unito per la Jihad nel Sahara Occidentale (Mujao), sigla che compare per la prima volta alla fine dell’anno scorso i cui dirigenti si autodefiniscono «gruppo dissidente di Al Qaeda». È quello che aveva rivendicato l’attacco al campo di Rabuni vicino a Tindouf nel Sud dell’Algeria, dove era stata rapita Rossella.
Comunque ci sono parecchie cose sospette in queste notizie non confermate. La Mauritania è nota per usare con i terroristi (o supposti tali) il pugno di ferro e si è sempre opposta alla liberazione di ostaggi. Quindi appare abbastanza strano che il suo governo abbia accettato di scarcerare Abderrahmane Oul Meddou. In Mauritania opera una forza speciale americana antiterrorismo, anche lei contraria a negoziati con i radicali. Possibile che tutti siano stati d’accordo per trattare con i banditi?
Il 19 dicembre 2009, Abderrahmane Oul Meddou era a capo della banda che aveva rapito Sergio Cicala e la moglie Philomène Kabouree, originaria del Burkina Faso ma cittadina italiana. Pochi giorni dopo l’uomo era stato arrestato dalla polizia mauritana e nel maggio scorso condannato a sei anni di lavori forzati.
Il maliano appare però come un criminale di secondo piano, l’uomo che rapisce gli occidentali e poi li «vende» ad altri che si occupano delle trattative e dei riscatti. Perché mai ora, per il rilascio della trentenne sarda, un gruppo più grande e meglio organizzato chiede la sua liberazione?
Ci sono altri dettagli che sono misteriosi. Secondo le ricostruzioni Rossella e i suoi due compagni spagnoli sono stati rapiti da un gruppo dissidente del Fronte Polisario (che lotta per l’indipendenza dell’ex Sahara Occidentale) guidato da Omar Sarawi. Sarawi ha «venduto» a sua volta a qualcuno i tre ostaggi occidentali. Forse proprio a chi aveva in detenzione Sergio Cicala e la moglie Philomène. Da qui la richiesta di liberare il «capo manovale», Abderrahmane Oul Meddou che, anche se pesce piccolo, fa parte di quel gruppo.
«Sappiamo bene chi sono i carcerieri degli occidentali rapiti nel deserto — spiega un diplomatico a Bamako — Omar Sarawi è una vecchia conoscenza del terrorismo di qui. Fu lui a consegnare un gruppo di ostaggi spagnoli al momento della loro liberazione. Ma la vera mente dei rapimenti è Yahya Al Jawadi, uno dei capi più feroci dell’algerino Gruppo Salafista per la Predicazione Islamica, confluito a suo tempo in Aqim. Yahya fu inviato ad affiancare e controllare uno dei capi supremi quaedista, Muktar Ben Muktar, l’uomo che, oltre a tenere prigionieri Rossella e i suoi due colleghi, “ospita” anche l’italiana Maria Sandra Mariani, rapita il 2 febbraio 2011 a Djanet in Algeria, al confine con il Niger».

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