Alfano: è un pasticcio, così niente vertice

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ROMA — L’incidente, il primo serio dall’inizio del governo tecnico, lo scatena all’ora di pranzo il segretario del Pdl Angelino Alfano. Che ai microfoni del Tg5 annuncia la diserzione del vertice con Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini, previsto per la sera: «Se lì mi devo incontrare per soddisfare sete di poltrone Rai o per far avvicinare Bersani con Vendola e Di Pietro sui temi della giustizia, sarebbe solo un teatrino della politica a cui mi sottraggo». Dichiarazione che prende tutti di sorpresa e scatena un diluvio di polemiche. Con conseguenza obbligata per il premier Mario Monti, che rinvia ufficialmente il vertice, pur minimizzando: «Sono problemi tra partiti che possono essere superati. Non vedo nessuna conseguenza per l’operatività  a breve termine o anche a medio-lungo termine». 
Del resto Alfano rassicura subito sulla fedeltà  all’esecutivo: «Il pasticcio di oggi non è responsabilità  di Monti: non verrà  meno la nostra fiducia nel governo». Precisazione che non fa comunque diminuire l’entità  del gran rifiuto, motivato esplicitamente con il fatto che nel vertice si dovesse parlare di Rai, oltre che di giustizia. A Fabrizio Cicchitto non è piaciuta l’agenda: «Monti non fa una bella figura se si allontana dagli obiettivi principali. Questo è un governo che non deve mai dimenticare di essere tecnico. Il suo core business è l’economia. Altri temi possono essere rinviati a una seconda fase». Per Stefania Prestigiacomo si voleva procedere «alla spartizione delle poltrone Rai». Ignazio La Russa concorda. Gaetano Quagliariello restringe il campo: «Non ci sembrava il caso di fare un vertice sul direttore del Tg1». Di addebiti per contestare il vertice, in realtà , ce n’è anche un altro, come spiega Maurizio Gasparri: «Ieri il ministro della Giustizia Paola Severino ha incontrato due segretari su tre, Bersani e Casini. Questi sono fatti politici. Qualche tecnico si muove goffamente e il Pd e altri partiti sembrano ossessionati da alcuni temi».
Dal Pd reagisce Pier Luigi Bersani: «Una decisione inopinata e inaspettata. Non è affatto vero che Monti ci abbia invitato per parlare di Rai e giustizia. Ci ha telefonato per dirci se facevamo il punto della situazione. Il problema di Alfano è che non si sarebbe parlato solo di Rai e di giustizia, ma anche di Rai e giustizia». Anna Finocchiaro punta il dito sulla giustizia: «Il Pdl aveva paura di discutere delle norme contro la corruzione?». Stessa tesi di Andrea Orlando: «Se fosse così, sarebbe grave, è un provvedimento urgente. Il Pdl ha i nervi a fior di pelle». Se per il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, «dalle parti del Pdl hanno preso un colpo di sole», Paolo Gentiloni crede di vedere altrove il motivo della diserzione: «La decisione di Alfano conferma che per il Pdl la televisione è un argomento tabù». Sono in molti a citare la questione Rai-Mediaset come motivo principale per il no al vertice. Parlando, nello specifico, della vicenda del «beauty contest», il dossier per l’assegnazione delle frequenze digitali, congelato dal governo. Proprio ieri mattina il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri ha incontrato il premier. Cicchitto smentisce con forza ogni collegamento: «Il beauty contest non c’entra nulla». Ma sullo sfondo c’è anche la vicenda Rai, il cui Cda scade a fine mese. Per Pd e Terzo polo occorre riformare la governance dell’azienda pubblica, mentre il Pdl vorrebbe solo rinnovare i vertici senza cambiare la legge.
Insomma, tra il vertice rinviato, la tensione per il decreto semplificazione, le questioni Rai e giustizia, il forfait di Silvio Berlusconi da Bruno Vespa e l’uscita del ministro Andrea Riccardi, di materia incandescente ce n’è molta. A questa si aggiunge la riforma del mercato del lavoro, a cui si riferisce Bersani: «Parlando con Monti e Fornero, ho chiesto loro se il messaggio che vogliamo mandare con l’articolo 18 è offrire uno scalpo. Ma il punto non è quello. Non sarò io a mettere in crisi il governo: ma se c’è il liberi tutti il governo entrerà  in crisi con l’Italia».


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