by Editore | 29 Marzo 2012 8:40
Alla fine, dopo il corteo e dopo le manganellate di lunedì, l’accordo è stato raggiunto sulla vertenza Alcoa. Dopo una giornata di negoziati, accompagnati dalle proteste dei lavoratori sardi arrivati l’altro ieri a Roma per seguire da vicino la trattativa al ministero dello sviluppo economico, si è giunti in nottata al passo indietro dell’azienda, che ha deciso di ritirare la mobilità e di consentire agli operai di restare al lavoro fino alla fine dell’anno.
In realtà si tratta di una mezza vittoria, perché se è vero che gli ammortizzatori sociali che scadevano ad aprile sono prorogati sino a fine anno, di fatto sul futuro dello stabilimento di Portovesme il buio resta fittissimo.
Il ministro per lo sviluppo economico, Corrado Passera, insieme al sottosegretario De Vincenti, ha seguito la trattativa nei dettagli fino alla chiusura. Atto che è stato accolta con soddisfazione dai sindacati. Ora la parola passa ai lavoratori, che si riuniranno oggi per valutare l’accordo.
In base all’intesa raggiunta tra Alcoa, sindacati, Regione Sardegna e Provincia del Sulcis-Iglesiente e governo, l’azienda ha accettato di chiudere la procedura di mobilità e ha acconsentito a mantenere attivo lo stabilimento fino al 31 dicembre 2012, in presenza di manifestazioni di interesse (l’attività cesserà invece il 31 ottobre in assenza di tali manifestazioni).
In entrambi i casi, scatterà la cassa integrazione per tutti i dipendenti. Per almeno un anno, inoltre, l’impianto sarà mantenuto in condizioni di efficienza, così da garantire – nel caso del subentro di nuovi azionisti – una pronta ripresa della produzione.
L’accordo prevede inoltre un impegno straordinario del governo per trovare soluzione al problema del costo dell’energia elettrica, oltre a un impegno delle istituzioni regionali e locali a migliorare la dotazione infrastrutturale del territorio.
Il tavolo, l’altro ieri, era stato aperto da Passera. La trattativa è andata avanti, tra pause e riunioni ristrette fino a tarda notte, con una sospensione intorno alle 18 del pomeriggio di lunedì per permettere all’azienda di valutare la proposta congiunta di governo e istituzioni locali.
Il nodo su cui per ore si è incagliata la trattativa era la data di chiusura dell’impianto: governo, lavoratori e istituzioni locali erano contrari a uno spegnimento prima della fine dell’anno, mentre la multinazionale statunitense dell’alluminio, lamentando alti costi di produzione, avrebbe voluto andare via prima dello scadere del 2012.
Sul fronte sindacale, la Fiom parla di intesa sofferta, che non scongiura l’abbandono del sito, ma pone le basi per il proseguimento della produzione di alluminio primario in Italia.
La Uilm esprime soddisfazione, spiegando che ora la parola passa ai lavoratori. La Fim avverte che la partita non è chiusa e che ora bisogna costruire le condizioni di competitività per la cessione e la continuità industriale.
Contento il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che, dopo aver sentito Passera, ha telefonato ieri mattina ad uno dei membri delle Rsu per dire che è soddisfatto per il risultato della trattativa, che «ha consentito – dice Napolitano – di scongiurare fino al prossimo dicembre una decisione di chiusura dell’azienda che avrebbe comportato la perdita dell’occupazione per molte centinaia di lavoratori».
Intanto le manifestazioni d’interesse finora arrivate per lo stabilimento sarebbero quattro o cinque: oltre alle svizzere Glencore e Klesch e l’austro-tedesca Hammerer Aluminium Industries, in questi giorni ne sarebbe arrivata un’altra, da un fondo finanziario statunitense. Ma solo una tra queste risulterebbe essere una proposta solida.
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