Al Quaeda, quel patto con i Taliban della Nigeria contro l’oppressione del “potere cristiano”
Finisce drammaticamente, con la morte di Franco Lamolinara e del britannico Cristopher McManus, il blitz delle forze speciali di Londra per liberare i due tecnici della Stabilini rapiti quasi un anno fa nel Nord della Nigeria. Un sequestro rivendicato dall’Aqmi, Al Qaeda nel Maghreb islamico, che la scorsa estate aveva diffuso un video nel quale i due ostaggi apparivano nella consueta iconografia rituale, inginocchiati, bendati, con alle spalle uomini armati. Un sequestro segnato da un ultimatum, rivolto a Londra, nel quale si minacciava di uccidere McManus nel caso le richieste del gruppo non fossero accolte.
Il PLUSVALORE DEGLI
OSTAGGI OCCIDENTALI
I sequestri sono rari nella Nigeria settentrionale, area a popolazione musulmana, mentre sono più frequenti nelle regioni petrolifere del Sud, a popolazione cristiana. La presa di ostaggi occidentali è, invece, tipica dell’Aqmi che nelle sue mani ha, o ha avuto, anche Rossella Urru e Maria Sandra Mariani, insieme a Lamolinara ostaggi a lungo dimenticati dai media. Con i sequestri l’Aqmi finanzia la sua attività clandestina e colpisce, anche ideologicamente, il campo del Nemico. L’italiano e il britannico erano, per i qaedisti, dei “crociati”, membri di un mondo contro cui si battono anche gruppi musulmani nigeriani.
le alleanze
africane di al Qaeda
Il sequestro di Lamolinara era avvenuto a Birnin Kebbi, capitale dello Stato nord occidentale del Kebbi, regione al confine con il Niger, uno dei paesi, insieme a Ciad, Mali e Mauritania, nei quali negli ultimi anni l’Aqmi si è diffuso. L’Aqmi, nato dalla trasformazione dell’algerino “Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento” in organizzazione del jihad regionale, punta a espandersi non solo nel Sahel centro-occidentale, obbiettivo sostanzialmente raggiunto, in particolare in Mauritania, Mali e Niger, ma anche in Senegal e Nigeria settentrionale, in particolare gli stati ai confini con Niger e Ciad. Puntando a un alleanza con i gruppi radicali che vi operano. Un anno fa, l’emiro dell’Aqmi Abdelmalek Droukdel aveva lanciato un appello ai musulmani nigeriani, oppressi dal “potere cristiano”, per stabilire un’alleanza organica.
IL FATTORE RELIGIOSO
E IL NEMICO COMUNE
Se l’espansione qaedista in Senegal trova barriere nelle confraternite sufi, la cui storica forza è stata solo scalfita dall’adesione di piccoli gruppi, soprattutto nelle aree urbane, al wahhabismo radicale assai ostile al sufismo, in Nigeria l’Aqmi ha cercato alleanze con Boko Haram, che opera negli stati settentrionali di Yobe e Borno. Una setta salafita, quella di Boko Haram, che dopo la morte nel 2009 del suo leader Mohammed Yusuf, catturato dalle forze di sicurezza e poi ritrovato morto, si è ulteriormente radicalizzata. Adottando modalità operative tipiche del qaedismo, compiendo una serie di attentati stragisti che hanno fatto centinaia di vittime. E sebbene il salafismo di Boko Haram non sia sovrapponibile al wahhabismo radicale dell’Aqmi, così come il radicamento territoriale e l’autonomia del gruppo nigeriano nel stabilire bersagli e obiettivi, non facciano pensare a un rapporto meramente satellitare tra arabi e neri africani, è pur vero che la spirale del conflitto etnoreligioso nigeriano, che ha riportato il paese alla drammatica vigilia del 1967, potrebbe aver indotto Boko Haram a stipulare un patto con l’Aqmi contro il comune nemico. A riprova, il sospetto che le armi del gruppo vengono da Ciad e Niger, i cui territori transfrontalieri sono fuori controllo e in cui l’Aqmi esercita un ruolo decisivo nella gestione dei traffici illegali che li percorrono; e che membri di Boko Harami si siano addestrati nei campi dell’Aqmi in Mali, altro paese divenuto santuario del qaedismo nordafricano. Tesi sostenuta, di recente, anche dalle autorità nigeriane, che a controprova, affermano ora che i killer di Lamolinara e McManus, arrestati a Sokoto, sono membri di Boko Haram. Una matrice che, in linea di principio, non esclude né il patto, né la doppia organizzazione del tragico sequestro, culminato nel fallito blitz delle teste di cuoio britanniche.
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