Affari sugli immobili «Le buste consegnate negli uffici regionali»

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MILANO — Tra verbali segretati e interrogatori zeppi di omissis, l’unica cosa che al momento si capisce è che sarà  un processo di parole a dire se abbiano ragione il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e il pm Paolo Filippini a ritenere — come scrivono nel decreto di perquisizione — già  «pieno il coinvolgimento degli indagati Davide Boni e Dario Ghezzi nella gestione degli affari illeciti e nella spartizione delle tangenti che Michele Ugliola e Gilberto Leuci hanno concordato con gli imprenditori, tra cui Francesco Monastero e Luigi Zunino, su alcune aree di Milano e di comuni limitrofi affinché gli amministratori locali, destinatari di parte degli illeciti profitti, favorissero con atti contrari ai doveri d’ufficio gli interessi immobiliari e commerciali degli imprenditori».
Del resto, che cosa al momento regga l’idea di «accordi corruttivi la cui esecuzione si ritiene tuttora in essere, stante l’attualità  della realizzazione dei progetti immobiliari nonché la prosecuzione dei contatti tra alcuni degli indagati», e che cosa fondi la convinzione che Boni e il suo capo della segreteria Dario Ghezzi addirittura abbiano «utilizzato gli uffici pubblici della Regione Lombardia come luogo di incontro per concludere gli accordi corruttivi e per la consegna dei soldi richiesti agli imprenditori» (allo stato stimati in circa 300.000 euro in contanti), lo si intuisce già  dal tipo di indizi che la Procura ieri ha indicato come motivo delle perquisizioni affidate alla Guardia di Finanza milanese: tre interrogatori nel 2011 dell’architetto Ugliola (arrestato l’anno scorso per tangenti urbanistiche a Cassano d’Adda), incrociati con quelli del cognato Leuci, degli ex sindaco e ex assessore di Cassano, Edoardo Sala e Marco Paoletti, e indirettamente riscontrati per i pm da tre intercettazioni di Paoletti e due dell’imprenditore veneto Monastero.
Proprio qui sta una particolarità  che si riesce a scorgere già  dalle perquisizioni di ieri. Infatti, accanto alle deposizioni di Ugliola-Leuci-Paoletti-Sala, rilevanza è attribuita ad alcune intercettazioni curiose, forse quasi quanto il contenuto ancora non noto, per la loro data: una dell’allora leghista consigliere provinciale Marco Paoletti l’1 ottobre 2010, all’indomani del suo interrogatorio del 30 settembre, e due il 21 ottobre, stesso giorno dell’altro suo interrogatorio. 
Tutta l’inchiesta sconta peraltro una zavorra di fondo, e cioè il fatto di essersi dovuta svolgere forzatamente sotto gli occhi dei potenziali indagati. Già  l’estate scorsa, infatti, il tam tam della politica regionale accreditava che Ugliola — arrestato nella primavera 2011 per una tangente urbanistica di 500.000 euro nel Comune di Cassano d’Adda insieme all’ex sindaco Edoardo Sala — stesse orientandosi a focalizzare, con le proprie dichiarazioni coperte allora come oggi da segretazione, il ruolo di Boni e Ghezzi. Poi i rumors in Regione si erano via via fatti più forti, al punto che poche settimane fa Boni aveva presentato in Procura (come la legge consente a chiunque) una formale richiesta per sapere se fosse iscritto nel registro degli indagati. I termini per la risposta scadevano in Procura in queste ore, e così si spiega la definitiva emersione dell’indagine ieri.
Altro elemento di complicazione è la controversa figura del protagonista di questa vicenda, e cioè del mediatore di tangenti Michele Ugliola. L’architetto era stato già  indagato nel 1996 quando aveva patteggiato 1 anno di pena per una tangente a un allora assessore all’Urbanistica di Bresso divenuto poi consigliere comunale a Milano: il politico, Giovanni Terzi, fu però in parte prescritto e in parte assolto in Appello (per la stessa tangente ammessa da Ugliola) da una sentenza che giudicò «vago, generico e per nulla circostanziato» il contributo di Ugliola, e giunse a ironizzare, «con riferimento al suo modo di esprimersi», sull’«ugliolese, neologismo sintomatico di particolare ambiguità  espressiva». Arrestato l’anno scorso per tangenti a Cassano d’Adda, Ugliola è stato indagato a Milano nei mesi scorsi anche per l’ipotesi di false fatturazioni con lo scomparso industriale delle bonifiche ambientali Giuseppe Grossi e con l’immobiliarista Luigi Zunino in relazione all’ex area Falck a Sesto San Giovanni (non a caso alcuni atti milanesi sono stati inviati alla Procura di Monza).
Dai pochi atti, tuttavia, si comprende anche che la Procura, seppure ritenga molto attendibile Ugliola anche nella parte in cui si descrive come un terminale della Lega per i rapporti con un certo giro di imprenditori nel settore dei centri commerciali e dell’urbanistica, non si basa solo sulle sue dichiarazioni, ma valorizza (oltre al riscontro di alcuni incontri e pranzi tra i vari protagonisti) anche le parole di un leghista. O, più precisamente, di un ex leghista, espulso di recente a causa del suo coinvolgimento nell’inchiesta di Cassano d’Adda: l’ex assessore comunale al Bilancio e poi consigliere della Provincia di Milano (oggi appunto fuoriuscito nel gruppo misto) Marco Paoletti. Il quale avrebbe dato conferme alle parole di Ugliola sia su singoli episodi specifici, come i 20.000 euro che ha ammesso di aver ricevuto dall’architetto nella spartizione a più tasche di una tangente edilizia a Cassano; sia sul contesto generale del ruolo di Ugliola, il quale — a nome dei suoi referenti politici leghisti o millantandoli, secondo le due possibili interpretazioni — avrebbe finito con lo stringere a parole accordi con i vari imprenditori per oltre un milione di futuribili tangenti.


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