A questa Europa è ora di dire «Basta ya!»

by Editore | 31 Marzo 2012 18:03

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Parla Alejandro Cercas, l’eurodeputato del Psoe che a Strasburgo lotta per difendere il diritto di sciopero «Cittadini, mercati e diritti devono essere compatibili. Se non lo sono si tocchino i mercati e non i diritti» «Per cambiare la Ue serve una coalizione molto ampia con un’idea di economia sociale europea»Giovedì, mentre la Spagna veniva paralizzata dallo sciopero generale, l’eurodeputato del Psoe, Alejandro Cercas, proseguiva la sua battaglia a Bruxelles per fermare il progetto Monti-Barroso, che sacrifica il diritto allo sciopero in Europa sull’altare della libertà  delle imprese e della libera circolazione. Socialista che ha iniziato da giovane l’attività  politica contro la dittatura di Franco, con una grande esperienza maturata nei parlamenti di Madrid e di Strasburgo, Cercas sogna una larga alleanza di tutte le forze politiche e sociali per ripristinare in Europa i valori del suo modello di economia sociale. 
I lavoratori spagnoli hanno scioperato per difendere il loro diritti mentre lei nel parlamento europeo difendeva il diritto di sciopero in Europa…
Si. Sono i nostri tempi. Tra poco andremmo a fare una manifestazione simbolica fuori della sede della delegazione spagnola a Bruxelles in solidarietà  con lo sciopero generale e per protestare contro la riforma del lavoro che vuole imporre il governo di Rajoy. La Spagna è stata fermata. La partecipazione è stata di massa. I lavoratori lottano per evitare che si consolidi questa retrocessione sociale. Il governo ha negato il dialogo e i lavoratori, come è nei loro pieni diritti, hanno protestato. Uno sciopero generale per dire: Basta ya! 
Serve anche un altro «Basta ya!» nel parlamento europeo?
L’Europa va in un’altra direzione, perché è nelle mani di politici e di una ideologia che è l’antitesi dell’ideologia europea. Il vecchio continente si bassa su una economia sociale di mercato, ha i suoi criteri, l’economia deve essere al servizio della società . Qui non c’è una economia come in altre parti del mondo. Noi abbiamo trattati, convenzioni, una carta di diritti fondamentali, un dialogo sociale, un patto sociale, sono le fondamenta della nostra convivenza. L’Europa non può guardare solo ai soggetti economici e finanziari, ci sono anche i suoi cittadini, i lavoratori, la gente con i suoi valori. Devono essere compatibili i cittadini, i diritti e i mercati. E se non sono compatibili dobbiamo intervenire sui mercati, non macellare i diritti dei cittadini. In questo momento a Bruxelles la Commissione Europea e il Consiglio Europeo seguono una politica contraria ai cittadini. Mettono al primo posto le libertà  economiche e la libera circolazione, il mercato, la competitività  e la concorrenza. Questioni importanti, fino a quando non entrano in collisione con i diritti dei cittadini. Quando poi è avvenuta la collisione ci hanno detto che è più importante la visione economica dell’Europa che la sua unione politica. Una politica in antitesi con la creazione dell’Europa da parte dei suoi padri fondatori, le aspirazioni dei suoi popoli e i suoi trattati. 
Il progetto «Monti-Barroso» vuole sacrificare il diritto di sciopero alla libera circolazione?
La proposta della Commissione Europea propone una nuova regolamentazione dello sciopero. Teoricamente intende aggiustare la giurisprudenza della Corte europea, ma in sostanza peggiora la situazione. Perché la Commissione dice che se c’è un conflitto tra la libera circolazione dei lavoratori in Europa e il diritto allo sciopero, allora non si potrà  fare uno sciopero per protestare. La proposta Barroso rappresenta una aberrazione politica e giuridica, che attacca i diritti fondamentali, non possiamo accettarla. Possiamo fare un protocollo d’intesa, qualsiasi altra cosa, ma una proposta così non è compatibile con l’Unione Europea, non è possibile passare sopra le nostre libertà  sociali, le contrattazioni collettive, la negoziazione collettiva e il diritto allo sciopero, che è al di sopra del diritto commerciale. 
La Commissione sembra mettere i diritti delle imprese al di sopra dei diritti dei cittadini. E per di più in un progetto che porta il nome di Monti, che attualmente governa in Italia. 
La proposta ha il nome di Monti perché abbiamo avuto un precedente che proponeva misure simili da parte sua. Si tratta sempre dei diritti fondamentali. Noi vogliamo un regolamento che metta in chiaro il diritto di sciopero. Se non sarà  possibile è meglio non avere regole piuttosto che avere cattive regole, che subordinare il diritto e l’esercizio dello sciopero a criteri di proporzionalità  o criteri che vanno contro i trattati. Per di più quando in molti paesi europei il diritto di sciopero è sancito dalla Costituzione. 
Alla fine saremmo costretti a vivere in una secolo neoliberale in Europa? 
I socialisti spagnoli sono in prima linea per capovolgere questa idea di Europa. Prima l’hanno portato al neoliberismo e ora la vogliono portare all’ultraneoliberismo. Ripeto, dobbiamo dire «Basta ya!». Dobbiamo ricostruire l’Europa.
Con quali alleanze? 
Dobbiamo creare una coalizione molto ampia, con le forze socialdemocratiche e democristiane, che hanno l’idea di un modello sociale europeo. Un’alleanza trasversale a cui partecipano la sinistra, i verdi, i cristiano-sociali, i liberal-democratici e i progressisti di tutto il continente. Dobbiamo isolare gli ultraliberisti e i conservatori, i nazionalisti e gli xenofobi. I comunisti europei devono capire che non possiamo mettere in questione il mercato, ma possiamo mettere in questione questa economia di mercato e lottare per una economia sociale del mercato. Abbiamo bisogno di loro, come di qualsiasi altra forza che aiuta a riconquistare i grandi valori che sono sostituiti oggi dalla follia ultraconservatrice. Su certi punti possiamo incontrarci tutti. Se non al cento per cento, almeno in uno spazio molto ampio di iniziative politiche e legislative. 
In Spagna il clima politico sembra cambiato. Il Partito Popolare di Rajoy non ha tenuto la maggioranza assoluta in Andalusia e nelle Asturie…
Hanno creduto che potevano disporre di una maggioranza e di un potere assoluti in tutto il paese, ma l’Andalusia, la regione spagnola più popolosa di Spagna, gli ha fatto cambiare idea. La sinistra, Psoe più Sinistra Unita, arriva al 55% dei voti in Andalusia, ma anche nelle Asturie abbiamo avuto una maggioranza di sinistra, quando tutti credevano che la destra si sarebbe presa anche questa regione. I risultato elettorali delle amministrative hanno dimostrato che il Partito popolare non potrà  fare impunemente la sua politica. I lavoratori hanno risposto in massa alle sue politiche, sui tagli e sul disinteresse per le attività  produttive del paese è venuto fuori un enorme malcontento, a soli quattro mesi dalla formazione del governo di destra di Rajoy. 
I tagli mettono in crisi l’istruzione e la salute pubblica, i servizi, aprendo le porte ai privati.
A livello economico soffriamo le linee strategiche che parlano solo di tagli e di risolvere con questi gli equilibri strutturali, come le grandi questioni del debito e del deficit. Ma i problemi non si risolvono tagliando le prestazioni sociali e i servizi ai cittadini. Abbiamo bisogno di un nuovo modello produttivo. Dobbiamo avere più entrate dalle attività  produttive e non cercare solo di tagliare la spesa pubblica. Le entrate sono affondate sotto il 30% del Pib, perché il governo segue una politica sbagliata. E le istruzioni degli organismi internazionali non aiutano. Noi socialisti concentriamo i nostri sforzi sulla ripresa dell’attività  produttiva. Sappiamo che nei prossimi anni dovremo mantenere il rigore, perché non possiamo continuare ad aumentare il debito. Però sappiamo molto bene che la vera soluzione passa attraverso l’aumento delle entrate, cioè la ripresa dell’economia. Non serve tagliare solo le spese se non riparte l’economia. Vogliamo sviluppo e creazione di posti di lavoro. 
Rajoy però segue la sua politica, in un circolo vizioso che spinge i paesi verso il fondo di salvataggio europeo. La Spagna corre il pericolo di essere salvata dalla troika? 
La Spagna sta sulla stessa barca di un’Europa che manca di una politica economica. Un’Europa lasciata nelle mani degli operatori finanziari. Se l’ Europa, come ha fatto attraverso la Bce in dicembre e gennaio, si assume le sue responsabilità  per affrontare gli attacchi contro il debito sovrano spagnolo, il paese potrà  proseguire sulla sua strada. Altrimenti non ce la faremo, ma non ce la farà  la Francia, né Italia né nessun altro paese. Il livello del debito spagnolo è sotto il livello di Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna. Il nostro grande problema è il deficit pubblico. E il fatto che chiudono centinaia di migliaia di imprese a causa della crisi finanziaria e bancaria. Ma la Spagna non deve essere salvata, perché è totalmente capace di uscire dalla crisi, a condizione che non venga lascata sola di fronte agli speculatori del mercato. Loro ci stano asfissiando, costringendoci di pagare interessi più alti di due, tre e più volte quelli che paga la Germania. Queste asimmetrie devono essere affrontate a livello europeo.

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