A Gaza un giorno di guerra uccisi nei raid 15 palestinesi
GERUSALEMME – I caccia con la Stella di David sono tornati a colpire dal cielo a Gaza, i miliziani islamici hanno lanciato in risposta oltre 100 missili e razzi contro le città israeliane sul confine. Sono state 24 ore di battaglia nella Striscia – quindici i palestinesi uccisi, una ventina i feriti, otto quelli sul lato israeliano della frontiera – la più dura e sanguinosa dall’operazione “Piombo Fuso” conclusa nel gennaio 2009. «Un’escalation di cui non si vede la fine», dice il ministro israeliano della Difesa Ehud Barak. Una fiammata iniziata venerdì alle prime luci della sera quando l’auto nella quale si trovava Zuher al-Qaisi, il capo dei Comitati di resistenza popolari, è stata centrata da un missile che l’ha ucciso insieme a un’altra persona che si trovava a bordo della vecchia berlina color blu. I Comitati e la Jihad islamica – due fra i gruppi più radicali della Striscia, che hanno ricevuto attraverso i tunnel del contrabbando con l’Egitto ingenti quantità di armi – non accettano la “tregua di fatto” proclamata da Hamas a Gaza, e mantengono alta la tensione sparando missili contro le città israeliane appena oltre il muro che isola la Striscia. Secondo l’intelligence israeliana al-Qaisi stava organizzando un attacco in grande stile contro Israele attraverso il Sinai – come quello dello scorso agosto – per questo la sua eliminazione è stata necessaria. Qaisi era uno dei mille prigionieri palestinesi scarcerati meno di cinque mesi fa da Israele in cambio della liberazione del soldato Gilad Shalit, rimasto prigioniero dei Comitati a Gaza per cinque anni. L’uccisione di al-Qaisi ha provocato la violenta reazione dei gruppi più oltranzisti che hanno sparato missili per tutta la notte di sabato e ancora nella giornata di ieri. Decine i raid mirati della caccia israeliana in risposta. Diversi miliziani dei Comitati e della Jihad islamica sono stati uccisi mentre si apprestavano a lanciare razzi a Gaza City, a Khan Younis, a Rafah. Altri guerriglieri sono stati centrati mentre si muovevano in auto o in moto. Fra i feriti palestinesi anche un giornalista e sua moglie colpiti dalle schegge di un’esplosione. Gran parte dei missili sono caduti in zone non abitate, altri – una trentina sui cento sparati – sono stati intercettati dal sistema Iron Dome, batterie di missili anti-missili messe a protezione delle città del Sud israeliano. Le sirene d’allarme sono suonate ancora ieri sera a Sderot (una cinquantina di chilometri a Sud di Tel Aviv) e a Beer Sheva, capoluogo del Negev. La popolazione è stata invitata a passare la notte nei rifugi collettivi predisposti dalle municipalità . Bloccato il campionato di calcio in tutte le province del Sud mentre in tutte le località oggi le scuole resteranno chiuse per motivi di sicurezza. Questo “film” a Gaza è stato visto più volte. L’intelligence israeliana cerca di bloccare preventivamente un attacco, uccidendo i terroristi pronti a colpire. I palestinesi reagiscono sparando razzi su Israele e i caccia colpiscono alcune delle squadre che lanciano i missili. E anche la fine è nota: Israele e certamente anche Hamas non hanno interesse in questo momento a impegnarsi in una crisi che potrebbe portare ad una operazione di terra contro Gaza. Grandi sforzi saranno effettuati nei prossimi giorni in una mediazione indiretta tra i due schieramenti. I contatti porteranno a un altro cessate il fuoco non ufficiale e parziale. La vita nel Sud di Israele e a Gaza tornerà più o meno alla normalità fino alla prossima escalation. Ma dall’anno scorso, alcuni elementi nuovi si sono aggiunti al “film”. Il più importante è il cambiamento in Egitto. Dal rovesciamento del regime di Mubarak al Cairo, il controllo dell’Egitto sulla penisola del Sinai è crollato, e la regione è diventata una base avanzata per le organizzazioni terroristiche di Gaza. L’altro è l’affare Shalit. Il “caso al-Qaisi” dimostra, per l’intelligence israeliana, due cose: che una porzione significativa di detenuti palestinesi liberati tornano al terrorismo, e che Israele – come ha dichiarato prima del rilascio – non ha concesso nessuna immunità . Chi torna nei ranghi dei gruppi terroristi verrà colpito.
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