Visioni individualiste e diritto alla sopravvivenza

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La posizione di Dacrema, e quella del suo estimatore Dotti, è una posizione di destra, che vedrei meglio ospitata dal «Foglio» di Giuliano Ferrara che non dalle pagine di un «quotidiano comunista» come il «manifesto». Safran Foer enumera molte ragioni per non mangiare carne (e non le giudicherei «luoghi comuni» dal momento che rappresentano un punto di vista strettamente minoritario); tra queste, quella «pietistica» per la sofferenza animale, messa in discussione da Dacrema, è solo una, e forse la meno cogente. L’autore reclama il diritto di «fumare, bere e mangiare molta carne». Nulla da dire sulle prime due rivendicazioni, che riguardano solo la sfera privata, ma il mangiare molta carne non lo è. Nonostante a «mangiare molta carne» sia una esigua minoranza della specie umana sul pianeta, la sua produzione causa enormi sprechi e distruzione all’ecosistema, assorbendo quasi il 70% della produzione agricola mondiale, distruggendo la foresta amazzonica per far posto alle monoculture di soia transgenica, creando nuovi ceppi di batteri resistenti con l’abuso di antibiotici usati per l’allevamento intensivo e inquinando sempre più falde idriche con l’enorme volume di deiezioni animali prodotte. Con analoga logica potreste trovarvi a recensire libri dal titolo evocativo come «Guido il Suv e son contento» o «Ho lo yacht e me ne vanto» magari mirabilmente scritti da un membro della commissione etica dei petrolieri texani, e inneggianti all’infinita libertà  che si sprigiona dall’uso e l’abuso del motore a combustione interna. I tempi di «passioni ed economie tristi» sono solo agli inizi e le cause non sono tutte imputabili all’attività  predatoria del sistema finanziario. Stiamo assistendo alla fine delle risorse fossili che hanno fornito all’umanità  il carburante per il suo vorticoso sviluppo, anche (e soprattutto) demografico, degli ultimi 160 anni. Solo una consapevole visione di «sinistra» che contempli l’equa redistribuzione delle risorse residue e una drastica riduzione dei consumi, ci salverà  dal tracollo apocalittico, mentre la visione individualista di Dacrema ci porterà  a sicura perdizione, incoraggiando di fatto il diritto predatorio del singolo non solo contro i nostri «fratelli minori» animali, ma anche contro i nostri fratelli nel «terzo» mondo che sempre più insistentemente chiedono il diritto alla condivisione dei nostri stili di vita o quantomeno, alla mera sopravvivenza.


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