Un’equazione per fare soldi facili ecco la formula del crac economico

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Datemi un punto di appoggio e vi solleverò il mondo», afferma la celebre teoria di Archimede, il grande scienziato greco di Roma antica. «Datemi un’equazione e ve lo distruggerò», prova a parafrasarlo quasi duemila anni più tardi il professor Ian Stewart, docente emerito di matematica all’Università  di Warwick. Un’equazione come quella coniata nel 1973 da due scienziati americani, Fischer Black e Myron Scholes, che sulle ali della loro scoperta vinsero nel 1997 il Nobel per l’economia. Per più di un quarto di secolo, il complesso calcolo che porta il loro nome è stato il Santo Graal della finanza internazionale: un metodo per guadagnare somme inimmaginabili, senza bisogno di produrre merci e nemmeno di scambiarle su un mercato. Dalla City di Londra a Wall Street, gli investitori l’avevano ribattezzata “la formula di Mida”, perché trasformava in oro tutto quello che toccava. Ma avevano dimenticato come finì re Mida.
In un libro a cui ha dedicato dieci anni di lavoro, pubblicato in questi giorni in Inghilterra (17 equations that changed the world), il professor Stewart sostiene che l’equazione Black-Scholes è diventata la causa del crash globale del 2007: o perlomeno la miccia che ha dato fuoco al sistema bancario e all’economia mondiale, trascinandoli nel buco nero della peggiore crisi dalla Grande Depressione degli anni Trenta in poi. L’autore riconosce che non basta una formula matematica a provocare un terremoto planetario di simili proporzioni: vi hanno contribuito anche altri fattori, come l’irresponsabilità  finanziaria, l’inettitudine politica, gli incentivi perversi dati agli speculatori, l’eccessiva deregulation dei mercati. Ma il suo studio ha l’obiettivo di lanciare l’allarme su un mondo della finanza globale dominato da strumenti puramente teorici, resi ancora più micidiali dalla velocità  dei computer che ne eseguono automaticamente gli ordini. «È come se avessimo consegnato le chiavi dell’economia mondiale a qualcuno che tira semplicemente a indovinare», afferma il matematico, auspicando una radicale riforma dei sistemi che regolano la finanza.
Black e Scholes, precisa il suo libro, non hanno alcuna colpa. La loro equazione non è magia nera: si limita a fornire un mezzo razionale per calcolare il prezzo di un contratto finanziario prima che venga eseguito. È come comprare (o vendere) una scommessa su un cavallo a metà  della corsa. Ma l’equazione Black-Scholes ha aperto un mondo nuovo di investimenti sempre più complessi, facendo fiorire una gigantesca industria globale, i derivati finanziari e altri sistemi speculativi, introducendo un potenziale per abusi d’ogni genere. L’equazione dei due scienziati, osserva il professore, affonda le radici nella matematica e nella fisica, i cui modelli teorici non sono sempre appropriati per il mondo finanziario. Gli speculatori l’hanno sfruttata per tre decenni di crescita vertiginosa: nel 2007 il sistema finanziario internazionale scambiava derivati per un valore di un milione di miliardi di dollari, pari a 10 volte il valore di tutti i prodotti creati dalle industrie manifatturiere di tutto il mondo nell’ultimo secolo, e lo faceva senza bisogno di creare o produrre concretamente alcunché. Poi è scoppiata la bolla dei mutui “troppo facili”, e tutte quelle operazioni, quei contratti, quei debiti garantiti dal nulla, sono precipitati in una voragine senza precedenti.
I mostri generano altri mostri, ammonisce l’autore: «Seguendo il modello Black-Scholes, tutte le società  di investimenti hanno assunto scienziati col dottorato in matematica per elaborare formule speculative sempre più rischiose. Finché non è esploso tutto». Un gioco pericoloso che lo scrittore inglese Robert Harris ha descritto l’anno scorso nel romanzo L’indice della paura e che il libro di Stewart esamina invece con la lente d’ingrandimento dello scienziato. Ci voleva uno Sherlock Holmes della matematica per individuare “l’assassino” della recessione 2007: l’equazione che ha causato il peggiore crash finanziario della storia.


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