Un nuovo “soggetto politico”?
Noi chi? Beh, il complesso di movimenti e teste pensanti, comitati cittadini e pezzi di sinistra, amministratori disobbedienti e comunicazione indipendente. La conversione ecologica dell’economia, che molti – io tra questi – preferiscono chiamare decrescita, o il reddito di cittadinanza, il consumo di suolo zero, una certa politica dei rifiuti, insomma molte delle cose scritte nel Manifesto del Forum napoletano per i beni comuni, sono di fatto non un “programma”, una lista di cose da fare, ma una visione del mondo e della società .
Ma poi? Chi può far sì che tutto questo si affermi, divenga legge, oggetto di politiche coerenti? Paul Ginsborg ha scritto, a commemorazione della prima manifestazione dei “professori”, a Firenze,dieci anni fa, che allorasupplicavamo i partiti di auto-riformarsi, non lo hanno fatto e quindi dobbiamo inventare qualcosa di nuovo. Già , perché una “democracia real”, come dicono gli “indignados spagnoli, è la premessa senza la quale i beni comuni – che sono una relazione tra le persone e nelle comunità e non solo oggetti fisici – semplicemente non esistono. Ma la discussione su cosa sia “qualcosa di nuovo” è come una lasagna, stratificata su tre diversi livelli.
Il primo livello è quello più facile. Ci sono le elezioni, c’è il centro-sinistra, c’è la possibilità di affermarvi una presenza significativa di persone (leader) o formazioni politiche che rappresentino la nuova visione della società . Per la via delle primarie, se la legge elettorale resterà bipolare, o per altra via. Sembra più facile ma non lo è: perché il “governo dei professori” in Italia è uno degli esiti di quello che Ignacio Ramonet ha definito “un colpo di stato finanziario”, che ha definitivamente travolto la democrazia della rappresentanza e imposto un comando dall’alto. E in ogni caso, ledaer o formazioni meno allineate con la legge dei “mercati” sarebbero pur sempre minoranza.
Il secondo livello è un compromesso: i partiti non funzionano più, però occorre un “soggetto politico” di altro genere, non gerarchico, che non faccia delle elezioni il suo fine ma sappia competere anche nel voto, giudicando che “bene comune” è anche la posizione di sindaco o deputato, dalla quale è possibile tentare poltiiche coerenti ecc. Mi pare che il Forum di Napoli a questo alludesse. Ma non è, un “partito dei beni comuni”, come dice Olimpia Gobbi nel sito di DKm0, un “ossimoro letale”, dato che i beni comuni sono una faccenda di tutti, mentre un partito è appunto “di parte”?
Il terzo livello è il più difficile, in un paese in cui la cultura di sinistra, quella della “conquista del potere”, resta dominante. Le elezioni sono sostanzialmente inutili, salvo eccezioni. La natura della visione nuova della società richiede movimenti altrettanto diffusi di quel che ci si propone: una produzione di energia a scala locale, una agricoltura a chilometro zero, una democrazia diretta, ecc. Il cambiamento non verrà da leggi o governi, la rivoluzione (parola tornata sulla scena grazie agli “indignados”) si fa facendola.
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