Ultima chiamata per salvare la Seat

by Editore | 1 Febbraio 2012 8:24

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MILANO â€” Prendere o lasciare. L’offerta di Seat a tutti i creditori stavolta è davvero l’ultima, prima di chiedere la Marzano.  Best and final, l’offerta: tanto che la società , nell’annunciare i nuovi termini, ha sottolineato che i piani «sono stati comunicati ai competenti organi del Ministero per lo Sviluppo economico ». Aggiungendo che Seat terrà  alta la guardia «nell’ottica di adottare tempestivamente qualsiasi misura necessaria per dare corso alle procedure di legge». Insomma, se obbligazionisti, banche, creditori di ogni genere – ed azionisti attuali, che post ristrutturazione scenderanno al 10% complessivo della società  – daranno la loro adesione al piano, bene; in caso contrario il tempo dell’attesa è finito, è l’ora di passare a misure più radicali e di chiedere l’amministrazione controllata.

Nel dettaglio, ci sono una serie
di piccoli e grandi aggiustamenti alle vecchie proposte, di cui si discute incessantemente da mesi, su cui gli interessati dovranno esprimersi. L’ultimatum scade il 28 febbraio, ma chi darà  il suo assenso entro il 21 riceverà  una
fee
(una commissione) più alta, pari all’1% del valore nominale del credito che accetta di ristrutturare. A tutti vengono chiesti sacrifici ma anche fornita una via di uscita: i bondholder subordinati, quelli di Lighthouse, hanno ottenuto di veder trasformare i debiti in azioni; dovranno rinunciare al pagamento dell’ultima cedola (già  scaduta) ma in compenso su 65 milioni residui (meno dei 100 chiesti in partenza) otterranno un bond in tutto e per tutto uguale a quello dei creditori
senior
(ai quali invece verrà  pagata la cedola, così come verranno corrisposti gli interessi arretrati alle banche). I creditori del bond senior entrano dunque a far parte della trattativa, e portano a casa a loro volta la commissione se accettano il piano, mentre i creditori bancari accettano di allungare i termini del debito in cambio di un interesse più vantaggioso (ma meno di quanto era stato prospettato nei mesi scorsi): lo spread rispetto all’Euribor viene portato al 5,4%. Non è detto che l’opera di mediazione funzioni, finora hanno avuto la meglio i veti incrociati e i reciproci piccoli poteri di interdizione, volti a strappare le condizioni migliori. Anche perché, a complicare ulteriormente il quadro, i diversi soggetti creditori spesso indossavano casacche diverse ed erano portatori di interessi multipli (quando non contrastanti) proprio perché sedevano da parti diverse del
tavolo di trattative.
Insomma, ora a tutti viene chiesta una parte di sacrifici e viene offerta una parte della futura torta. Ieri, la Borsa si è infiammata al progetto, premiando il titolo con un rialzo del 17%. Ma la storia della Seat a Piazza Affari è ormai molto poco significativa: il flottante è minimo e gli azionisti esistenti sono destinati a ridursi al lumicino, se va in porto la ristrutturazione del debito. Tuttavia, se
la proposta di Seat non verrà  accettata (deve aderire almeno il 75% di ogni categoria di creditori) si troveranno tutti con un pugno di mosche. Così invece la società , gravata da un debito finanziario netto di gruppo di 2,734 miliardi di debiti, conta di riuscire a risalire la china e mettere in sicurezza i conti. Ovviamente, l’operazione è subordinata – tra l’altro – all’esenzione dell’opa da parte della Consob.

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