Troppo successo, licenziamone un po’

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Se l’azienda si chiama Mercedes, e ha avuto anche la faccia tosta di appropriarsi dell’icona del “Che” per lanciare i suoi ultimi prodotti (dopo aver consegnato ai golpisti argentini la lista dei sindacalisti operanti nelle sue fabbriche, nel ’77), qualche sospetto è legittimo. 
Ha avuto almeno la presenza di spirito di non dichiarare lo «stato di crisi», ma per i lavoratori questo è addirittura peggio: davanti a loro c’è solo la mobilità , senza nemmeno la cassa integrazione. Stamattina ci sarà  comunque un incontro al ministero per provare a vedere cosa è possibile fare. L’ultimo incontro è andato malissimo, con l’azienda che si è alzata e se n’è andata.
La spiegazione è la solita: sono calate le vendite. Cosa vera, ma non in proporzioni tale da preoccupare. I lavoratori parlano invece di investimenti sbagliati: «Hanno aperto da poco una sede a Civitavecchia e ora la chiudono; la sede di via Tiburtina idem; la carrozzeria è stata “regalata” al primo presidente della Nuova Abc (il nome della “ragione sociale” di Mercedes a Roma, ndr), Sandro Bufacchi, che ora ha l’esclusiva er le riparazioni e va a gonfie vele». Parlano anche di troppi benefit per la dirigenza, di spese allegre per la “rappresentanza” – «per la presentazione della “Classe B” a Vallelunga (alle porte di Roma, ndr) è stato oagato il pernottamento a gente che risiede nella capitale» – di quatro amministratori in pochi anni e soprattutto nessun progetto di rilancio».
L’attuale a.d. dichiara a tutti che «quel che avviene è stato deciso dalla casa-madre», ribattendo negativamente anche a proposte sensatissime come i «contratti di solidarietà » (normalissimi in Germania, al punto da tener alta l’occupazione anche in questo modo) e, ovviamente, alla cassa integrazione (che non potrebbe nemmeno ottenere).
La cosa più contraddittoria? Ad ottobre 2011 tutti i dipendenti di Roma hanno ottenuto un premio di risultato di 300 euro per aver superato le attese di fatturato. E la crisi? Quella è la parola magica, come «apriti Sesamo».


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