Telecom, cedola tagliata del 25% per investimenti e riduzione del debito

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MILANO – I risultati 2011 di Telecom Italia hanno rispettato tutte le promesse fatte la scorsa primavera, tranne quella del dividendo. Ma il sacrificio della cedola, è stato festeggiato dal mercato (+6,8% in Borsa) perché è per una buona causa. Il gruppo guidato da Franco Bernabè ha infatti varato un piano di austerity, più consono ai tempi di recessione, con l’obiettivo di ridurre i debiti di 5 miliardi in due anni e scendere a 25 miliardi di passività  a fine 2013. «Il debito è la priorità  – ha ribadito Bernabè – siamo fiduciosi che S&P confermi il nostro rating». L’obiettivo di ridurre i debiti sotto due volte il mol a partire dal 2014, sarà  raggiunto anche grazie alle dimissioni (tra cui Virgilio Matrix e una quota di TiMedia) e a una migliore gestione del circolante. Fatto sta che per mantenere un giudizio sulla qualità  del debito di BBB, la società  è pronta a sacrificare tutto tranne gli investimenti, che saranno, però, concentrati sul Sudamerica. «Stiamo proseguendo sulla strada della riduzione dell’indebitamento – ha commentato Bernabè – e verso il riposizionamento su mercati con migliori prospettive di sviluppo, due obiettivi volti a riportare il gruppo su un profilo di crescita». 
Nel prossimo triennio Telecom stima che ricavi e margini resteranno fermi, ma il gruppo genererà  22 miliardi di cassa (di cui 18 in Italia e 4 in Brasile) nonostante i 15 miliardi di investimenti stanziati (tra cui 400 milioni per le coprire il 40% del territorio con le frequenze mobili 4G). Intanto il 2011 si è chiuso con ricavi in aumento dell’8,7% a 29,9 miliardi un margine lordo di 12,2 miliardi (+7,3%) e debiti in calo a 30,4 miliardi, nonostante maggiori investimenti per l’asta delle frequenze (1,2 miliardi). Solo che mentre il fatturato in Italia è sceso di oltre un miliardo (-5%), quello in Brasile (+18%) e Argentina (+26%) è cresciuto a due cifre. Peccato che come si vede dal debole incremento del margine 2011 rispetto al fatturato, le telefonate in Sudamerica generano meno profitti che in Italia e questa è una tendenza che è destinata a non cambiare. Un altro dato che emerge dai conti 2011, è che dopo anni di tagli dei costi ed efficienze fiscali, in Telecom è stato già  raschiato il barile. Ad ogni modo ieri il titolo è salito del 6,8% a 0,87 euro, perché con meno debiti del previsto, l’effetto leva si fa sentire sulla capitalizzazione del gruppo. Gli analisti hanno poi apprezzato il fatto che, dopo una partenza a rilento nel primo trimestre 2011, Telecom abbia migliorato i risultati usando ancora più rigore, mentre invece l’Italia e la sua qualità  del debito (tagliata di tre gradini in un anno) andava sempre peggio. Un altro fattore che il mercato ha gradito è che i soci di Telco (Telefonica, Generali, Intesa e Mediobanca) hanno messo il bene dell’azienda prima dei loro interessi, avallando il taglio del 25% del dividendo (900 milioni o 0,43 euro) proposto da Bernabè. Ieri peraltro anche Telefonica ha annunciato i risultati 2011, che però non hanno entusiasmato gli investitori: i ricavi sono saliti del 3,5%, ma i profitti sono crollati del 47% e il titolo è scivolato ancora, restando sui minimi dal 2006.


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