by Editore | 7 Febbraio 2012 13:55
Monti che invita a evitare la «monotonia» del posto fisso, Fornero che lo definisce una pia «illusione», e infine Cancellieri che lo riduce all’aspirazione di restare «nella stessa città vicino a mamma e papà » hanno fatto il loro dovere di professori: prendere a scappellotti gli svogliati. Adesso c’è però bisogno che facciano i governanti, e rimuovano un po’ alla volta le cause storiche, sociali e politiche che sono alla base di questa grande coccola nazionale che mantiene i nostri figli in un perenne complesso di Peter Pan.
C’è infatti un grumo di verità nelle proteste dei ragazzi che si ribellano all’accusa di essere la prole estenuata e infingarda di genitori iperprotettivi, incapaci di spronarli a cercarsi una strada da soli, con il sudore, la fatica e le lacrime di prammatica. E la verità è che l’Italia non è un Paese per giovani.
Innanzitutto perché è talmente piena di sacche di privilegio, di nicchie di casta, di raccomandazioni, di mestieri tramandati che a un papà che non riesce a sistemare il figlio viene naturale scusarlo per scusare se stesso. Ma anche perché il nostro sistema di welfare e di spesa pubblica è stato costruito negli anni proprio per scoraggiare il giovane a lasciare la famiglia e a cavarsela da solo. Dove non esiste alcuna forma di sostegno universale, cioè uguale per tutti, alla disoccupazione e al reddito, l’unico aiuto a muovere i primi passi viene per forza nella famiglia. Così, vedendoseli servire in casa, la nostra prole si è col tempo convinta che i pasti gratis siano un diritto. Il punto dunque è rimuovere le cause per cambiare le teste, non lavare le teste per trovare le cause. Un passo giusto il governo l’ha già fatto e speriamo che il Parlamento non rovini tutto: se in Italia passa il concetto che si può fare il professionista anche senza essere figlio di un professionista, sarà più credibile e più egualitario l’invito a rimboccarsi le maniche rivolto ai nostri ragazzi. Ma il passo decisivo è il mercato del lavoro, e sarà molto più difficile, perché le categorie al massimo protestano, ma i sindacati fanno scioperi generali e gli scioperi generali fanno cadere i governi.
È lì infatti che si annidano le risorse necessarie per stimolare i giovani ad andarsi a cercare il lavoro dove c’è, invece di aspettare che qualcuno glielo porti a casa e per sempre.
C’è poco da discutere: in un Paese in cui si pagano le persone per non lavorare (con la cassa integrazione) e non si pagano le persone che cercano un lavoro (con un sussidio di disoccupazione), non si può poi rinfacciare ai giovani una spiccata resistenza alla mobilità e un forte desiderio di monotonia, purché retribuita.
Ne consegue uno sconvolgimento dei valori da capogiro. Michel Martone, per esempio, reo di aver criticato chi non si laurea entro i 28 anni, è diventato ormai lo sfortunato simbolo di ciò che non si deve fare, e cioè vincere un concorso da ordinario a 29 anni. Mentre il popolo della Rete impicca lui e la Cancellieri per la critica del giovane mammone, non si accorge che uno dei suoi idoli, Massimo Marchiori, l’autore dell’algoritmo di Google che ieri ha lanciato il motore di ricerca Volunia, la laurea l’ha presa a 23 anni con tutti 30, e a 28 anni era già stato assunto dal mitico Mit di Boston.
Che cosa succederebbe oggi a un nuovo Luigi Einaudi che, sessanta anni dopo, ripetesse che neanche la laurea basta per dire di aver fatto tutto il proprio dovere nella ricerca di un lavoro di qualità , soprattutto se è stata rilasciata dall’università di «Manica larga» o dalla facoltà di «Lode per tutti», perché «un diploma non dà diritto a nulla»?
Però qualsiasi manuale di pedagogia ci spiegherebbe che i giovani non si educano con le prediche, ma con l’esempio. È dunque l’esempio, dopo le prediche, che ci si aspetta dal governo dei professori. Di gente che ha trasformato le illusioni in realtà , che vive di posti fissi inamovibili e sotto casa, che approfitta di un familismo più o meno amorale, in Italia ce n’è tanta anche in età avanzata (a partire dalle università ). Prendete a schiaffi qualche genitore, e vedrete che le colpe dei padri smetteranno di ricadere sui figli.
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