Svuota-carceri, fiducia ok con 49 voti in meno

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ROMA – Le carceri insidiano la maggioranza. Monti perde 49 voti rispetto alla fiducia sul milleproroghe. Alla Camera passano i sì sul decreto Severino – domiciliari per chi deve scontare gli ultimi 18 mesi e celle di sicurezza al posto del carcere – ma il tam tam della Lega su una presunta «amnistia mascherata» fa breccia nel Pdl. A Montecitorio ci sono 533 deputati, votano in 498. Si sfilano gli ex An. Non ci sono Berlusconi, Ghedini, Tremonti, Gelmini, Fitto, Prestigiacomo, in tutto mancano 43 pdl. Non c’è Bersani, ma è in missione a Tunisi. Dopo una tripla “chiama” alla fine i sì sono 420 (Pdl, Pd, Terzo Polo), i no 78 (Lega, Idv, 5 del Pdl), gli astenuti 35. Tra loro ben 11 del Pdl, i Responsabili, gli ex Fli Ronchi e Scalia, tutto il gruppo dei Radicali che vogliono l’amnistia. 
La Lega, dopo i «vergogna-vergogna» e l’ostruzionismo dei 500 emendamenti, non rumoreggia. Promette battaglia dura per martedì per il voto finale. Il Carroccio ha pronti cento ordini del giorno. Come questi: il decreto è incostituzionale perché si tratta di «un’amnistia impropria»; le competenze carcerarie vanno “federalizzate” e passate in parte alle Regioni; bisogna far lavorare i detenuti, ma senza dargli una lira; vanno versati incentivi ai magistrati che impongono le espulsioni per gli extracomunitari. Dopo il “colpo gobbo” sulla responsabilità  civile dei giudici, il partito di Bossi tenta il blitz sulle carceri. Apre dei varchi consistenti di dissenso e di vistosi mal di pancia nel Pdl, ma si trova davanti un Guardasigilli come Paola Severino decisa a raccontare la verità  agli italiani. 
Lo dice appena fuori dell’aula: «Non è un decreto svuota-carceri, ma salva-carceri. I detenuti non finiranno per strada, sarà  sempre il magistrato a decidere sui domiciliari». Entra nei dettagli tecnici, cerca di contrastare la propaganda. Non lascia spiragli sull’amnistia («Non è in mio potere escluderla, se il Parlamento raggiunge una maggioranza qualificata il governo ne prenderà  atto»). Ma non è facile opporsi agli attacchi di Lega e Idv. Per Antonio Di Pietro c’è «la resa incondizionata dello Stato a criminali e delinquenti». Edmondo Cirielli, l’ex An che fu patron dell’omologa legge, non vota e insiste su «un’amnistia mascherata come grave attentato alla certezza della pena». Si astengono Alfredo Mantovano e Guido Crosetto. Il primo parla di «voto al buio», di testo «incostituzionale», si chiede «chi vincerà  la lotteria dei 5 milioni della norma Lusi», il secondo di un dl «incomprensibile, finanziariamente non coperto, pericoloso». Non vota Claudio Scajola per protesta contro Manlio Contento che nelle dichiarazioni sulla fiducia avverte un governo «ormai troppo politico». Scajola dà  solidarietà  a Severino. Lo contesta Amedeo Laboccetta («Qui non ci sono truppe cammellate»). La sfida è rinviata a martedì, quando anche Pd e Terzo Polo (Donatella Ferranti e Roberto Rao) tenteranno di far passare un ordine del giorno che impegni il governo a rivedere la misteriosa norma Lusi (risarcimenti anticipati di 16 mesi per chi è vittima di un’ingiusta carcerazione).


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