Strage Eternit, le nuove accuse

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TORINO — L’accusa sarà  di omicidio volontario. Le morti di amianto non si interrompono per magia con la sentenza di lunedì. A Casale Monferrato e non solo la gente continua ad ammalarsi, ogni nome diventa un nuovo fascicolo di indagine dal colore rosso, quello che il pool torinese dei reati ambientali attribuisce ai casi di persone decedute. 
L’inchiesta Eternit bis è già  partita da almeno un anno, con l’accumulo di nuovi casi di decessi per mesotelioma, rara forma di tumore della pleura causato dal contatto con le fibre di amianto. Ma non sarà  una semplice ripetizione del procedimento che ha portato alla condanna del barone belga Louis De Cartier e del magnate svizzero Stephan Schmidheiny, disastro ambientale doloso e omesso controllo, sempre doloso, sulla sicurezza. Stessi imputati, ma reati diversi. Fino a poche settimane fa erano indagati per omicidio colposo, ma è ormai ufficiale la decisione di procedere per omicidio volontario con dolo eventuale. 
Il cambio di linea non è una scelta improvvisata ma la diretta conseguenza di un altro verdetto. Lo scorso aprile il tribunale di Torino ha condannato Harald Espenhahn, amministratore delegato di Thyssenkrupp, per omicidio volontario con dolo eventuale. Si è parlato e discusso, di quella sentenza, molto contestata ma altrettanto innovativa. Non era mai successo che a un dirigente d’azienda venisse contestato un reato così pesante. Quasi tutti i processi per morti sul lavoro finiscono con la contestazione della colpa, e il rogo che la notte del 7 dicembre uccise sette operai rientrava in questa categoria. 
Raffaele Guariniello e i suoi pm decisero di rompere quella consuetudine giuridica, e il tribunale accolse in pieno la loro impostazione, che adesso verrà  riproposta. Pochi giorni fa la procura ha affidato a un gruppo di medici ed epidemiologi una consulenza. Dovranno chiarire quali siano le morti addebitabili con certezza alla condotta degli indagati. Gli esperti dovranno esaminare, una per una, le vicende dei 2.200 uomini e donne uccisi dall’amianto a Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli. 
Il numero delle vittime oggetto della nuova indagine è destinato a calare drasticamente. I magistrati ritengono che alla fine non resteranno che 100-150 nomi. Una scelta dolorosa. La prescrizione farà  il resto, obbligando i magistrati a lavorare sui decessi avvenuti nel 2008-2009. E infine arriva la competenza territoriale. Il primo nome che compare nel nuovo capo d’accusa appartiene a un abitante di Cavagnolo, piccolo comune in provincia di Torino. E non si tratta certo di una coincidenza.


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