Spagna: nuovo record Grecia: arriva l’accordo Bernanke: ripresa lenta
Questa è «la priorità assoluta». Durante una testimonianza alla commissione Bilancio della Camera, Bernanke ha sottolineato che un alto livello di debito «rappresenta un grave rischio per l’economia americana», soprattutto in un momento in cui «la ripresa è ancora lenta in modo frustrante», nonostante alcuni miglioramenti. A pesare sulle prospettive economiche degli Usa è ancora la crisi europea, che «rimane un rischio», ma «la Fed farà tutto il possibile per prevenire danni all’economia». Bernanke si è mantenuto cauto sulle possibili mosse della sua banca centrale per allentare la politica monetaria Usa (che rimarrà permissiva fino a tutto il 2014) e ha fatto sapere che «ci vorrà ancora parecchio tempo prima che il mercato del lavoro riprenda a funzionare normalmente».
Per Bernanke «anche se non esistono teorie economiche o esperienze storiche che dimostrino il momento esatto in cui il livello di debito porta a un aumento significativo dei rischi», si è detto certo che «se non ci sarà un’azione correttiva, andremo verso una crisi fiscale». «Una situazione come quella europea non deve accadere negli Stati Uniti», ha detto, «per questo serve una politica fiscale convincente che eviti un aumento insostenibile del rapporto fra debito e prodotto interno lordo». Da notare che con l’Europa se l’è presa anche il leader cinese Wen Jiabao che nel corso di una conferenza stampa con la Merkel, in visita a Pechino, ha sostenuto che «è urgente risolvere la crisi del debito in Europa».
Mentre Bernanke parlava, negli Usa sono arrivati nuovi dati macreconomici discretamente positivi. Il primo riguarda la diminuzione delle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione scese nell’ultima settimana di 12mila unità a 367 mila nella settimana terminata. Positivo anche l’andamento dell’indice Ism che misura l’attività dell’area di New York balzato a 60,1 punti a gennaio dai 51,7 di dicembre. Un indice sopra i 50 punti segnala un’accelerazione dell’attività , mentre al di sotto dei 50 punti indica una contrazione. Sempre dagli Usa è arrivato un comunicato del Nyse (quello del famoso indice Dow Jones) che prende atto della apposizione della Commissione europea e dichiara che non procederà alla fusione con la borsa di Francoforte.
Dall’Europa solite brutte notizie per la Spagna: la perdita di posti di lavoro in gennaio – dati del ministero del lavoro – ha accelerato il passo e il numero dei disoccupati residenti è balzato del 4% a quota 4,59 milioni, un nuovo record. Un po’ meno pessimista è uno dei responsabili della agenzia di rating Standard&Poor’s: entro la fine dell’anno l’economia europea sarà uscita dalla recessione e avrà iniziato il percorso di ripresa. Molto dipende dall’andamento della crisi greca. Ieri è stato ufficialmente firmato il trattato intergovernativo che istituisce il fondo permanente salva-stati: l’European Stability Mechanism (Esm) entrerà in funzione da luglio con una capacità di finanziamento di 500 miliardi di euro effettivi, di cui 80 miliardi versati. Quanto alla Grecia, entro la settimana dovrebbe essere annunciato l’accordo con i creditori privati, cioè le banche che dovranno accettare un taglio gigantesco (circa il 70%) dei loro crediti. I negoziati in corso tra le autorità greche e i creditori in merito alla cancellazione volontaria di una parte del debito di Atene sono «estremamente difficili», ha dichiarato il presidente dell’Eurogruppo, e primo ministro lussemburghese, Jean-Claude Juncker. Molto ottimista, invece, Olli Rehn, commissario Ue agli affari economici secondo il quale l’accordo e alle porte.
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