Siria, guerra al regime su Google maps

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NEW york – In Russia cambiarono pure il nome di una città , da Leningrado a San Pietroburgo. A Bagdad tutti ricordano la spettacolare distruzione della statua di Saddam Hussein. Rivoluzioni e cambi di regime hanno sempre avuto un riflesso nella toponomastica e nel paesaggio delle città . Ma oggi in Siria è una geografia virtuale al centro della battaglia tra il regime di Bashar al-Assad e l’opposizione. Mentre il dittatore annuncia che si terrà  il 26 febbraio il referendum popolare sulle riforme politiche (nuova Costituzione, fine del monopolio del partito Ba’th dopo 50 anni, limite al mandato presidenziale), subito liquidato come un’impostura dall’opposizione, le autorità  di Damasco sono preoccupate per quel che accade su GoogleMap. 
Uno dopo l’altro, cambiano i nomi delle strade. Una delle vie principali di Damasco, già  intitolata al defunto dittatore Hafez al-Assad (padre dell’attuale presidente) ora porta il nome di Ibrahim al-Kashosh. Cioè uno dei martiri della rivolta popolare, l’autore del canto “Forza, vattene, Bashar”, che fu ucciso nel luglio 2011. Tante altre strade, piazze e ponti stanno cambiando nome, invece di glorificare il regime diventano altrettanti simboli commemorativi degli eroi caduti per la libertà . 
Tutto questo accade sulle mappe virtuali di Google, grazie al “crowd-sourcing”: letteralmente, quando le folle sono la fonte di notizie. Da tempo Google si affida al “crowd-sourcing” per aggiornare le sue carte geografiche evitando che siano obsolete. «Le indicazioni che vengono dal pubblico degli utenti – precisa la portavoce di Google Deanna Yick – sono fonti che per noi hanno autorità ». Un numero sufficiente di “correzioni” venute dal basso, fanno scattare la revisione nelle mappe, dietro approvazione degli editor di Google. 
Nel mondo arabo questo ha aperto nuovi fronti di lotta. Google si trova da tempo al centro delle “primavere arabe”, dopo che un suo dipendente egiziano, Wael Ghonim, fu tra i protagonisti della rivolta contro Mubarak. Ora la battaglia per cambiare i nomi delle vie di Damasco viene presa talmente sul serio, che il rappresentante siriano alle Nazioni Unite ha elevato una protesta formale. «Perché Google si occupa di cambiare i nomi delle nostre strade? – ha detto l’inviato del regime Bashar al-Jafaari parlando all’Assemblea generale – Questa è una flagrante violazione delle regole sulla toponomastica». Il rappresentante ha continuato accusando di Google di far parte di una «congiura straniera» contro la Siria. 
Stasera però l’inviato di Assad avrà  altri problemi di cui occuparsi. L’Assemblea generale dell’Onu inizia a votare su una risoluzione presentata dall’Arabia saudita, che condanna la violenza in Siria e invoca una transizione pacifica verso la democrazia. Il testo è simile a quello della risoluzione che fu bloccata al Consiglio di sicurezza dal veto di Russia e Cina il 4 febbraio. Una larga maggioranza dovrebbe approvarla in Assemblea generale, ignorando come un diversivo l’annuncio della data del referendum. Per l’opposizione, quella consultazione arriva troppo tardi, quando ormai l’unica via d’uscita è la dimissione di Assad.


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