Siria, americani evacuati Chiusa anche l’ambasciata

by Editore | 7 Febbraio 2012 8:41

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WASHINGTON — Barack Obama esclude l’opzione militare in Siria e insiste per una soluzione negoziata che deve chiudersi con la cacciata del presidente Bashar Assad. Con queste premesse la Casa Bianca ha attuato quello che aveva promesso: l’ambasciata a Damasco è stata chiusa e tutti i cittadini statunitensi sono stati invitati a partire. La mossa è stata giustificata con la «mancanza di sicurezza» adeguata e il rischio attentati. Ma è un evidente segnale lanciato al regime. Con voi abbiamo finito. Insieme a Washington, si è mossa anche Londra che ha richiamato il proprio ambasciatore ed è possibile — come ha indicato il ministro degli Esteri Terzi — che la Ue possa espellere i rappresentanti siriani. E sempre ieri il segretario generale della Farnesina, Giampiero Massolo, ha espresso all’ambasciatore siriano a Roma, Khaddour Hasan, la più ferma condanna e lo sdegno del governo italiano per le violenze perpetrate dal regime di Damasco.
Pressioni diplomatiche che potrebbero crescere nei prossimi giorni. Preclusa la via dell’Onu, sbarrata dal veto russo-cinese, si pensa a un gruppo di contatto guidato dai Paesi arabi con alle spalle gli occidentali. Un progetto nel quale crede molto il presidente francese Sarkozy e che ricorda il direttorato della campagna libica. Formule a parte, gli Usa e gli alleati sono decisi a mettere con le spalle al muro Assad. Ieri l’Arabia Saudita ha invocato «misure drastiche» per proteggere la popolazione. Anche il Qatar continua ad agitarsi parecchio. Su molti fronti. Per gli americani è necessario far capire a Bashar che il suo futuro politico è terminato. Obama, infatti, ha auspicato la nascita di un governo di transizione accompagnato — magari — dalla partenza volontaria del raìs per l’esilio. E dunque vi sarà  grande attenzione per la prevista visita che farà  oggi a Damasco l’emissario russo Lavrov. Entrambi sono latori di «un messaggio del Cremlino» che, per alcuni, potrebbe contenere l’idea di un passaggio di poteri.
Mosca è vista con grande diffidenza: «Insieme alla Cina, ha scelto il cavallo perdente», ha ammonito la Casa Bianca. E non c’è solo il no alla risoluzione. I russi vogliono continuare a fornire armi a Damasco mentre gli Usa sono determinati a bloccare il flusso di materiale bellico alimentato tanto dai russi che dagli iraniani. A questo proposito è stato rivelato che l’armata Qods dei pasdaran coordinerebbe il traffico d’armi con un centro speciale. Ma chiudere la pipeline bellica è impossibile, a meno di non imporre un blocco navale.
Fonti Usa non escludono che possa essere varata un’operazione clandestina per armare i ribelli. Un vero programma, magari pagato dalla Lega Araba con fucili e munizioni recuperate dagli enormi arsenali libici. Gli insorti, intanto, continuerebbero a crescere di numero: tra loro — secondo gli americani — molti generali e colonnelli unitisi ai disertori. Un’emorragia costante a cui il regime reagisce con attacchi pesanti. Ieri vi sarebbero state più di 60 vittime, in gran parte a Homs, epicentro della guerra civile, dove si usano tank e cannoni per piegare la resistenza degli insorti.

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