by Editore | 7 Febbraio 2012 13:17
Tagli drastici alla spesa pubblica per rispettare le condizioni imposte da Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, «generosi» commissari di un prestito che se da un lato sembrava inevitabile per rilanciare un’economia improvvisamente in stagnazione, dall’altro lato ha messo letteralmente in ginocchio i lavoratori, quei pochi rimasti in un paese che, su circa ventiduemilioni di abitanti, ne vanta oltre 2 milioni e 600 mila all’estero alla ricerca di fortuna.
Sono stati proprio i lavoratori, ma non solo perché in strada c’erano anche tantissimi studenti insieme ai figli della borghesia benestante, ad aver messo alle strette il premier Emil Boc, che ieri mattina ha ufficialmente dichiarato al parlamento, nel quale la settimana scorsa c’era stato lo sciopero dell’opposizione, la propria fine. «Ho rassegnato le dimissioni – ha detto Boc in conferenza stampa – perché non sono legato al potere ma soprattutto per distendere la situazione politica e sociale del nostro Paese. Non voglio, inoltre, che i romeni perdano ciò che hanno conquistato: la stabilità economica della Romania».
Al posto di Boc, eletto nel 2009 tra le fila del partito democratico liberale, è stato nominato ad interim l’ex ministro della giustizia all’epoca del governo del liberale Tariceanu, Catalin Predoiu. Nel pomeriggio gli esponenti dei principali partiti di governo si sono presentati a palazzo Cotroceni, sede della presidenza della repubblica, per stabilire il primo ministro che traghetterà il paese alle prossime elezioni di novembre. La scelta è caduta su Catalin Razvan Ungureanu, storico e diplomatico romeno, capo del servizio esterno di spionaggio e già ministro degli esteri nel triennio 2004-2007. Ma anche ex membro dell’Unione dei giovani comunisti. A lui, dunque, il compito di formare il nuovo governo che dovrà ricevere la fiducia del parlamento prima e quella del presidente Basescu poi, come previsto dalla costituzione rumena. Nel caso in cui il parlamento non dovesse approvare per due volte consecutive il governo proposto da Ungureanu, si andrebbe alle elezioni anticipate, soluzione molto gradita al leader del Psd (Partidul Social Democrat), Victor Ponta. È un’ipotesi che non va scartata del tutto dal momento che la maggioranza non ha grossi numeri e dovrà partecipare compatta alle votazioni per evitare la propria definitiva caduta.
È una vittoria popolare se di vittoria piena si trattasse. In realtà , è un successo a metà dal momento che il presidente, Traian Basescu, che è la più importante autorità esecutiva in questa Repubblica semi-presidenziale dei balcani, è rimasto al suo posto, nonostante sia finito anche lui nell’occhio del ciclone vedendo talmente in ribasso il suo gradimento, fino all’anno scorso quasi plebiscitario, al punto da rischiare di far perdere esecutivo e carica al suo partito, il partito democratico liberale. A dirla tutta, a essere favoriti alle prossime elezioni parlamentari, sono proprio quelli dell’ibrida opposizione formata dal partito socialdemocratico, nato dalle ceneri del partito comunista di Ceausescu, e i liberali. Così come per la presidenza, le cui elezioni si terranno nel giugno prossimo, è tutt’atro che scontata la vittoria di un membro del centrodestra sulla scia di Basescu. Insomma, da questo punto di vista l’opposizione può stare tranquilla.
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