Servizi sociali, prendete esempio da Lucha y Siesta

by Editore | 16 Febbraio 2012 11:55

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Lucha y Siesta storpia ironicamente il nome del luogo dove sorge, a pochi passi dalla metro Lucio Sestio, periferia di Roma a pochi passi da Cinecittà . Proprio davanti al cancello c’è la panchina dove si ritrovano, ogni giorno, gli amici di Alessio Burtone, il ragazzo che sferrò un pugno a Maricica Haiahanu, l’infermiera rumena che poi morì all’ospedale. Cronache che si intrecciano.

Lucha y Siesta è uno spazio autogestito da un gruppo di ragazze volontarie bravissime. È un luogo dove le donne possono entrare e chiedere aiuto, e trovare temporaneamente una stanza dove riprendere fiato, organizzare nuovamente la propria vita, allontanarsi da un marito violento. Le regole della casa sono ferree. Le ospiti versano qualche soldo nella cassa comune per pagare la spesa e le bollette o quello che serve, organizzano i turni in cucina, e nel tempo cosiddetto libero cercano una nuova sistemazione, un nuovo lavoro. Non è semplice entrare a Lucha y Siesta. Simona, Angela e le altre coordinatrici – chiamiamole così – vogliono prima capire quali sono le reali esigenze delle ragazze e delle donne che chiedono aiuto. Spesso le future ospiti hanno figli, e dunque occorre pensare anche a loro.

Lucha y Siesta esiste dal 2008. È una alternativa, non riconosciuta, delle case di accoglienza e persino dei centri anti-violenza romani. I servizi sociali sanno che questa casa, seppure “clandestina”, funziona bene. E non è raro che siano proprio le assistenti sociali a chiedere aiuto alle ragazze di Lucha y Siesta, per sapere se possono dare una stanza ad una donna picchiata in famiglia. Perché, purtroppo, per la prima volta dopo molti anni, ci sono le liste di attesa delle donne vittime di violenza domestica: i centri sono pieni, ma queste donne non possono aspettare.

Ora l’Atac, la proprietaria della casa, vuole vendere la struttura per fare cassa. Action, il movimento di cui fanno parte le ideatrici di Lucha y Siesta, sta protestando e non concederà  facilmente la dismissione di questa esperienza davvero preziosa. Sarebbe opportuno che i servizi sociali romani protestassero e dicessero ad Alemanno, sempre pronto a smantellare spazi utili al bene comune, che Lucha y Siesta è ormai fondamentale perché supplisce alle carenze del welfare capitolino. E che le sue ragazze, le ragazze che rispondono sempre al telefono quando c’è una emergenza anche la sera tardi, e davvero si prendono a cuore il problema senza un filo di assistenzialismo ma con profonda capacità  e razionalità , sono un modello per i centri di accoglienza istituzionali dove le persone bisognose spesso trovano un letto ma non molto altro.

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