SE IL PUBBLICO VUOLE LA SCIENZA SUL WEB

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Un paio di anni fa, i numerosi giornalisti accreditati al meeting annuale Biology of Genomes a Cold Spring Harbor furono obbligati dagli organizzatori a firmare una dichiarazione che li impegnava a chiedere il permesso ai ricercatori prima di divulgare i contenuti delle loro presentazioni al convegno. A un certo punto, tuttavia, ci si accorse che gli stessi scienziati presenti al meeting divulgavano in tempo reale, attraverso blog, Twitter e altri strumenti digitali, il contenuto delle presentazioni, foto delle slides scattate con il cellulare, commenti sui papers.
Già  agli inizi del decennio, i responsabili del database professionale Medline avevano constatato con un certo stupore che il 30% dei propri accessi era costituito da non specialisti – pazienti, loro familiari e rappresentanti delle associazioni di pazienti. 
Simili vicende sono emblematiche di tendenze confermate dai dati più recenti sul rapporto tra cittadini e scienza, raccolti dall’Osservatorio Scienza Tecnologia e Società  e contenuti nel nuovo Annuario Scienza e Società  2012 (a cura di Federico Neresini e Giuseppe Pellegrini, il Mulino, 2012, pagg. 215, euro 18).
Su un piano generale, si consolida una tendenza di lungo periodo che vede il pubblico italiano ridurre l’esposizione a contenuti scientifici proposti da televisione e riviste di divulgazione. I telespettatori più assidui di programmi su scienza e tecnologia sono passati dal 33,9% del 2007 al 28,1% del 2009 e al 18,8% del 2011. I non fruitori di scienza in televisione, nel contempo, sono cresciuti dal 20,5% del 2007 al 24,1% del 2009 e superano ora il 30%. In sostanza, in un quadro di generale calo nella fruizione di scienza nei media, gli italiani più attenti all’informazione scientifica tendono a orientarsi in misura crescente su fonti quali la stampa quotidiana e il web. 
L’accesso a questi canali, infatti, è fortemente indirizzato da livello di istruzione ed età : un giovane su due, tra i 15 e i 29 anni, consulta siti web e blog sulla scienza almeno sporadicamente, uno su tre lo fa assiduamente. Sino a qualche tempo fa il consumo assiduo di scienza in tv caratterizzava anche una significativa fascia della popolazione meno istruita. Oggi la riduzione generale dell’attenzione alla divulgazione scientifica televisiva sembra essere stata “pagata” soprattutto da questa fascia. 
Nel complesso, dunque, il quadro che emerge è quello di un pubblico italiano sempre più polarizzato nel proprio interesse per la scienza nei media. La perdita relativa di appeal di quei mezzi – come la televisione – che coprivano in modo trasversale pubblici diversi per età  e istruzione, si riflette in una divisione sempre più netta tra coloro che risultano esclusi dai contenuti scientifici mediali e coloro che vi si espongono con maggiore assiduità . Questi ultimi “migrano” – o consolidano la propria propensione – verso mezzi diversi dalla tv, tra cui il web.
Un’ulteriore conferma emerge dal giudizio sulla credibilità  delle fonti. Tutte le fonti che negli ultimi anni riscontrano una crescita dei giudizi positivi sulla propria autorevolezza sono quelle che fanno diretto riferimento ai protagonisti della ricerca: non solo fonti Internet come siti web di istituti di ricerca (dal 47,9% al 67,7%) e blog di ricercatori (dal 44,9% al 65,2%) ma anche (e soprattutto) occasioni di contatto diretto come conferenze pubbliche di ricercatori (dal 65,4% al 76,6%). Un dato, quest’ultimo, che conferma una specificità  del pubblico italiano: siamo infatti tra i più assidui frequentatori in Europa di incontri e manifestazioni pubbliche sulla scienza, a fronte di un tasso relativamente modesto di visite a musei e mostre scientifiche. 
Quello che appare in crisi, in definitiva, è un modello di informazione scientifica centrato sul ruolo di mediatori significativi – giornalisti, divulgatori, testate, musei – che facevano da filtro e garanzia per il destinatario. Sempre più spesso, questo ruolo è scavalcato e rimpiazzato da due dinamiche complementari. La prima è quella che vede le stesse organizzazioni di ricerca sempre più attive nel rivolgersi direttamente al pubblico – attraverso la rete o iniziative sul territorio (incontri, caffè scientifici, “notti dei ricercatori”). La seconda è più specifica dei media digitali, e attribuisce grande rilievo alla comunicazione “orizzontale” tra utenti (il “passaparola” caratteristico dei social network).
Si tratta di dinamiche non certo esclusive del settore della comunicazione scientifica: da anni in numerosi contesti, come la critica musicale o letteraria, ci si interroga su problemi del tutto simili. Quello che è certo è che ad essere sfidato non è solo il ruolo dell’informazione e dei mediatori tradizionali. I nuovi scenari presuppongono infatti un fruitore dell’informazione, anche in campo scientifico, sempre più attivo e competente: sempre meno “spettatore”, insomma. Purtroppo, stando ai dati attuali, non è affatto scontato che questi cambiamenti ci trovino pronti a coglierne le opportunità ; né va sottovalutato il rischio che ampi settori del pubblico ne restino tagliati fuori.


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