by Editore | 14 Febbraio 2012 7:49
ROMA – Un numero «elevatissimo», quei 2.300 emendamenti al decreto liberalizzazioni, depositati venerdì scorso a Palazzo Madama. E così interviene il presidente del Senato Renato Schifani che, attraverso una lettera inviata alla Commissione Industria, invita i gruppi parlamentari a «ritirare quelli che non toccano i punti su cui intendono concentrarsi» e ad «evitare qualsiasi sconfinamento verso temi aggiuntivi ed estranei». Un appello che ieri ha già ridotto a 1.570 il corposo pacchetto di modifiche. Uno sfoltimento reso possibile dall’esclusione di 530 emendamenti fotocopia e di altri 200 “estranei per materia” e che consentirà – a detta dei relatori, i senatori Bubbico (Pd) e Vicari (Pdl) – di rispettare la stretta tabella di marcia del Cresci-Italia: due settimane in Commissione (la prossima si voterà ) e uno in aula (dal 27 febbraio), dove il governo potrebbe porre il voto di fiducia. L’orientamento è a velocizzare, concentrando gli emendamenti a un centinaio, di cui una ventina di rilevanza politica e per i quali occorrerà un’ampia convergenza.
Si parte oggi con l’illustrazione degli emendamenti in Commissione Industria. In parallelo, prosegue l’esame della Bilancio che fornirà , via via, i pareri sulla copertura finanziaria del decreto. I relatori presenteranno nei prossimi giorni emendamenti a firma congiunta. Tra i capitoli più bersagliati, nel primo assalto alla diligenza dell’era tecnica, si conferma l’articolo 9 sulle professioni che raccoglie ben 180 proposte di modifica, dall’abolizione totale all’ammorbidimento del preventivo obbligatorio e al ripristino delle tariffe. La richiesta di Schifani a scremare in fretta trova il plauso condizionato delle forze politiche. «Sfoltire sì, ma anche migliorare», per Finocchiaro (Pd). «Non comprimere il confronto», per Gasparri (Pdl).
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