Sarkozy fa il Tedesco per evitare Waterloo

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Sarkozy ha deluso la Francia. Per evitare la sua Waterloo gioca d’azzardo la carta tedesca. Non solo il sostegno di Angela Merkel ma anche le riforme del lavoro del socialdemocratico Schrà¶der come fonte d’ispirazione. È, in sintesi, la storia di un grande spreco. Nel 2007, Nicolas Sarkozy conquistava l’Eliseo con una larga maggioranza politica. L’opinione pubblica aveva visto in lui il leader capace di riformare la Francia, rendendola più competitiva, meno corporativa e meno statalista. All’estero, le destre popolari e liberali in cerca di punti di riferimento avevano scoperto la strabiliante ascesa del rampollo ribelle di Chirac. 0ggi questo capitale di consenso è in gran parte dissipato. Sarkozy ha deluso la Francia popolare, il ceto medio e persino la Francia ricca, la classe dirigente che non ha visto le riforme economiche tanto sbandierate. Di Sarkozy, restano più impresse le caricature del piccolo Napoleone agitato, del marito di Carla Bruni, del capoclan arrogante che ha finito per allontanare dalla sua cerchia persino fedelissimi della prima ora. 
In questa parabola scespiriana del potere, in cui il re confessa agli intimi l’imminente sconfitta, ma giura di battersi anche contro i fantasmi, la crisi economica ha avuto un peso determinante che ridimensiona colpe e responsabilità  del presidente. Sarkozy, per giudizio unanime, ha dato il meglio di sé sulla scena internazionale (dal trattato di Lisbona alla crisi dell’euro) più che in politica interna. Un pò come è capitato a Berlusconi, anche Sarkozy non ha saputo o potuto prendere decisioni forti e impopolari quando era ancora possibile farlo. Intanto, il deficit è esploso, la disoccupazione è cresciuta, il potere d’acquisto è diminuito. 
Le riforme incompiute, i regali fiscali ai più abbienti, le disparità  sociali allargate hanno rimesso in moto la rivoluzione silenziosa della società  francese, una miscela di rabbiosi contrasti, pessimismo, voglia di cambiamento, populismo e conservazione dello stato protettore.
È questa miscela di sentimenti a rendere ancora incerto l’esito delle elezioni di primavera, altrimenti scontato, se si prendono per buoni i sondaggi che, ad oggi, fanno ritenere incolmabile il distacco dal candidato socialista Franà§ois Hollande. L’outsider che ha stravolto la gerarchia dei presidenziabili della sinistra, capitalizza al tempo stesso la voglia d’alternanza che sale nel Paese dopo 17 anni d’ininterrotto dominio della destra e la crisi di rigetto che provoca l’immagine di Sarkozy, ben al di là  dei demeriti. Ad oggi, sulla strada di Hollande, l’ostacolo più temibile sono le rivalità  e le divisioni della sinistra, la tentazione massimalista, gli errori di casting e di linguaggio che costarono cari a Jospin e Ségolène Royal, candidati favoriti nelle precedenti elezioni. 
Per evitare la sua Waterloo, Sarkozy gioca d’azzardo la carta tedesca. Non solo il sostegno aperto di Angela Merkel ma anche le riforme del mercato del lavoro del socialdemocratico Schrà¶der come fonte d’ispirazione e arma di propaganda per denigrare l’arretratezza culturale del programma dei socialisti francesi, i quali considerano Schrà¶der alla stregua di un traditore della classe lavoratrice. Hollande, per tenere insieme un elettorato che va dai comunisti ai verdi, passando per le potenti corporazioni dei funzionari pubblici, promette invece la difesa del modello francese, il ritorno alla pensione a sessant’anni e investimenti pubblici che molti, non solo a destra, ritengono incompatibili con il deficit dello Stato, se non accentuando il già  altissimo carico fiscale. La propaganda elettorale di Sarkozy agita naturalmente lo spauracchio delle tasse, il rischio di fuga di capitali, l’inadeguatezza di Hollande (che non è mai stato nemmeno ministro) al trono di Francia. Si sa che Hollande, come il suo maestro Mitterrand, una volta eletto, sarà  più accorto rispetto alle promesse, ma intanto preannuncia di voler ridiscutere il recente trattato europeo sulla stabilita di bilancio, con il rischio che la Francia torni ad essere più un problema che una soluzione negli equilibri europei. L’unico argomento «tedesco» che convince Hollande è una prudentissima riduzione della quota di energia nucleare, argomento invece tabù per la destra di Sarkozy che ha buon gioco a farlo pesare in tempi di grande freddo e bollette sempre più salate. 
Lo scontro offre anche spunti inediti e un paradossale rovesciamento delle parti. La vena prussiana di Sarkozy è un sussulto di rigore e umiltà  che ha aperto un grande dibattito su limiti del modello francese e non rinviabili correttivi. Hollande, quasi con enfasi nazional-gollista, punta sul dirigismo dello Stato protettore, ritenendo che questo sia il sistema che piace alla maggioranza dei francesi. Di destra e di sinistra. C’è poi la grande incognita della Francia che rifiuta tutto: euro, Europa, immigrati, partiti. È la Francia dei Le Pen, padre e figlia, malattia ricorrente, ormai cronica, ma non sempre funesta per gli altri. Può essere una riserva di voti per Sarkozy, come può determinarne la sconfitta più umiliante.


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