Sandri, nove anni all’agente Spaccarotella “Ha sparato per uccidere”. Andrà in carcere
ROMA – Condanna confermata. Ha sparato per uccidere. La prima sezione penale della Cassazione conferma la sentenza d’appello nei confronti dell’agente della Polstrada Luigi Spaccarotella, condannato a nove anni e quattro mesi di reclusione, e stabilisce in via definitiva che l’uccisione di Gabriele Sandri fu omicidio volontario. Tra poche ore per lui si apriranno le porte del carcere.
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Lacrime e commozione alla lettura della sentenza da parte dei familiari di Gabriele e dei tanti tifosi della Lazio presenti in aula. “Giustizia è fatta. E’ la vittoria del popolo di Gabriele – dicono il padre di Gabbo, Giorgio Sandri, e il figlio Cristiano – Giustizia è fatta anche se non è stato facile”. E torna alla mente quando in primo grado l’agente che sparò a Sandri venne condannato a una pena più lieve per omicidio colposo: “Si trattò di una sentenza raccapricciante ma non abbiamo mai smesso di avere fiducia nella giustizia. E la giustizia infine ha trionfato”. Giorgio Sandri continua: “Perdonare Spaccarotella? Ci posso riflettere ma lui deve dire tutta la verità . E poi il perdono si dà a chi lo chiede, invece la mamma di Spaccarotella non ha mai telefonato a mia moglie, la mamma di Gabriele”.
Nel frattempo Spaccarotella fa sapere di voler affrontare “la situazione da uomo”. Mentre i suoi legali dicono che l’agente starebbe vivendo queste ore “drammaticamente” e, appresa la notizia, avrebbe versato lacrime amare con il figlio piccolo in braccio. Dal balcone di casa sventola un tricolore.
La vicenda che si chiude oggi ebbe inizio l’11 novembre 2007. Poco prima delle 9, un’auto di tifosi juventini, nel piazzale di sosta, viene avvicinata da alcuni supporter laziali, armati di spranghe. Scoppia una rissa, l’incidente richiama l’attenzione di due pattuglie della Polstrada, che si trovano sul piazzale dello stesso autogrill ma dall’altra parte della carreggiata a oltre 50 metri di distanza. Gli agenti raggiungono il bordo della carreggiata e, da lì azionano le sirene delle loro auto. Ma la rissa continua e, a questo punto, Spaccarotella decide di sparare. Il poliziotto spara due volte e un colpo raggiunge al collo Gabriele Sandri che si trova seduto in mezzo sul sedile posteriore della Megane Scenic. Il tifoso della Lazio muore poco dopo.
In giornata la notizia si diffonde in tutto il Paese e in alcuni stadi italiani scoppiano tafferugli generati da tifosi inferociti con la polizia. Quella sera, a Roma, esplode la violenza: centinaia di ultras di Roma e Lazio attaccano commissariati, la sede del Coni e lo stadio. Danno fuoco a cassonetti e autobus.
Spaccarotella viene subito iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario. I mesi successivi sono segnati dalla guerra delle perizie balistiche. Nel frattempo l’agente rientra al lavoro e viene trasferito più volte: prima la Polfer di Santa Maria Novella, poi la ‘Coc’, la Centrale operativa compartimentale della Toscana, quindi l’ufficio interprovinciale tecnico-logistico di Poggio Imperiale, a Firenze, in sostanza l’ex ufficio interregionale ormai dismesso, al quale viene assegnato per motivi di sicurezza.
Arriva così la condanna di primo grado. Il 14 luglio 2009 Spaccarotella viene condannato dalla corte d’Assise di Arezzo a sei anni di reclusione per omicidio colposo con colpa cosciente. E’ una condanna che fa discutere e suscita polemiche. Il primo dicembre 2010 la corte di Appello di Firenze gli infligge la pena di nove anni e quattro mesi . Questa volta, però, la condanna è per omicidio volontario con dolo eventuale.
Si arriva ad oggi e alla sentenza della Cassazione che respinge il ricorso della difesa e si allinea alle richieste del sostituto procuratore generale Francesco Iacoviello che, in mattinata, chiedendo di confermare l’aumento di pena nei confronti di Spaccarotella aveva detto chiaramente che “l’agente non sparò alle gomme quella mattina dell’11 novembre 2007 quando appunto morì Gabriele Sandri”. La Cassazione, dunque, ha sposato in pieno la tesi della pubblica accusa che nella requisitoria aveva sottolineato che il poliziotto “voleva colpire la macchina e l’ha colpita”. Uccidendo Gabriele Sandri.
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Con la sentenza di ieri le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno compiuto un importante passo in avanti nel percorso di emancipazione interpretativa dalle scelte più discutibili e regressive della c.d. Fini-Giovanardi. Nei primi mesi del 2006, infatti, con una scelta tecnicamente censurabile – su cui nei prossimi mesi dovrà pronunciarsi la Corte costituzionale – il legislatore di centrodestra aveva inserito, in un decreto legge sulle olimpiadi invernali, pesanti modifiche al testo unico sugli stupefacenti, tra le quali, appunto, quella relativa all’art. 75.