by Editore | 29 Febbraio 2012 10:28
Come è noto è la burocrazia (oltre all’articolo 18) a tarpare le ali alle imprese e a tenere lontani gli investimenti stranieri. Troppi controlli e troppi controllori. Prendiamo le norme sulla sicurezza sul lavoro: sarebbe meglio, anzi è meglio sostituire le lungaggini concertative dei decreti attuativi con un semplice confronto delle associazioni imprenditoriali. Già , che c’entrano i sindacati con la sicurezza sul lavoro? Che c’entrano i delegati operai addetti specificamente alla difesa della salute psicofisica dei lavoratori? E poi, volete sapere come dovrebbero intervenire i «controllori»? Con una «collaborazione amichevole con i soggetti controllati, al fine di prevenire rischi e situazioni di irregolarità ». Magari facendo una telefonata amichevole prima di un’eventuale ispezione. Non basta ancora: il decreto stabilisce la «soppressione o riduzione dei controlli sulle imprese in possesso della certificazione del sistema di gestione della qualità o altra appropriata certificazione emessa, a fronte di norme armonizzate». D’ora in poi basterà aver messo le mani su un certificato per non avere rotture di scatole in azienda.
È l’opposto di quel che chiedono i pm torinesi che hanno istruito i processi esemplari contro la ThyssenKrupp per il rogo che ha ucciso 7 operai metalmeccanici e contro l’Eternit per la strage di migliaia e migliaia di lavoratori e cittadini.
Servirebbe una razionalizzazione del lavoro che coinvolge diverse istituzioni e soprattutto una professionalizzazione delle equipe che si occupano di sicurezza sul lavoro e ambiente. Dunque più investimenti, un maggior coordinamento e, secondo Raffaele Guariniello, una sorta di superprocura nazionale perché «i reati contro la sicurezza sul lavoro non sono di serie B rispetto ai reati delle mafie».
La risposta del governo Monti, invece, prefigura una deregulation dagli effetti devastanti per chi lavora, secondo la filosofia che mette i profitti al di sopra di tutto, anche della vita di chi lavora. Gli operai svuotati di soggettività e diritti diventano pura appendice delle macchine, variabili dipendenti del mercato. La sicurezza costa, è un lusso che in tempi di crisi non ci si può più permettere. Bisogna essere rapidi, snelli, riducendo al minimo i controlli che fanno perdere tempo e soldi.
Grazie a questa filosofia ogni anno in Italia muoiono più di mille lavoratori, una cifra impressionante che nel 2011 è tornata a crescere. È il prezzo del lavoro inteso come generosa concessione dei padroni che bisogna pagare, perché meno si disturba il manovratore più si produce ricchezza e tutti stanno meglio.
Per fortuna sono arrivati i professori al timone della nave con il progetto «salvaitalia». Se poi gli italiani crepano sul lavoro, facciamocene una ragione. O forse no.
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