Romney in volata Florida e poi l’Ovest

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TAMPA (Florida) — Le urne della Florida sorridono a Mitt Romney. L’ex governatore della Florida vince le primarie repubblicane nel Sunshine State, con un distacco a due cifre nei confronti di Newt Gingrich, il ribelle che lo aveva umiliato appena dieci giorni fa in South Carolina. Secondo le prime proiezioni, Romney avrebbe ottenuto il 49% dei voti, contro il 33% dell’ex speaker della Camera. Scontato terzo posto per Rick Santorum, accreditato di un magro 11%, davanti a Ron Paul, il candidato libertario, che dovrebbe attestarsi intorno al 6%.
L’ampio margine della vittoria proietta nuovamente Romney nel ruolo di super-favorito per la nomination conservatrice. Rimessa al suo posto l’insurrezione di Gingrich, grazie a decine di milioni di dollari profusi in una sistematica campagna di demolizione personale del rivale, la macchina da guerra del candidato mormone è già  concentrata sulle prossime scadenze elettorali.
E nulla meglio della giornata di ieri ha illustrato i diversi atteggiamenti con cui i due nemici hanno affrontato l’appuntamento. Romney ha cancellato l’unico evento in programma, per discutere le prossime mosse con i suoi colonnelli. Mentre Gingrich si è sottoposto a una maratona di comizi e incontri, nel disperato quanto inutile tentativo di un recupero finale. Apparso indebolito e in difficoltà  dopo l’umiliazione subita in South Carolina, il redivivo Romney però sa bene che né Gingrich, né gli altri due avversari hanno intenzione di lasciare il campo prima del Supertuesday, all’inizio di marzo. «Vincere la nomination sarà  un processo lungo», ha ammesso l’ex governatore del Massachusetts, convinto però che «la Florida sia un microcosmo della nazione» e quindi «una buona indicazione» per le sue prospettive future. «Perché dovrei ritirarmi in caso di una sconfitta in Florida?», ha ribattuto Gingrich, ricordando che «negli ultimi sondaggi nazionali sono in testa».
Romney appare determinato a perseguire un’aggressiva strategia di soffocamento dei rivali, nei 7 confronti in programma a febbraio. E il calendario sembra lavorare per lui. Sabato prossimo ci sono i caucus del Nevada, dove Romney prevarrà  senza sforzo. Seguiranno l’11 febbraio i caucus di Colorado, Minnesota e Maine, più quello non vincolante del Missouri: Romney li ha già  vinti nel 2008 e torna da favorito. Sono tutti Stati fuori dal Sud, dove Gingrich non si batte su terreno amico. Ma la caccia grossa, sia per numero di delegati che valore politico, è nelle primarie del 28 febbraio in Michigan e Arizona. Nel primo Romney gioca in casa: è lo Stato dov’è nato, dove sono le radici di famiglia e dove ha già  vinto quattro anni fa. Anche l’Arizona è considerata terreno fertile, non foss’altro che per l’appoggio di Jonh McCain, l’avversario del 2008 e senatore di quello Stato.
Cruciale per le sorti della campagna di Romney sarà  la lunga pausa di oltre due settimane, che separa i caucus dell’11 febbraio dalle due primarie. «Se non si alimenta una dinamica e non si hanno risorse da investire durante quel periodo, sarà  difficile uscirne col vento alle spalle», ha detto ieri Rich Beeson, direttore politico della campagna di Romney, che nel quarto trimestre del 2011 ha raccolto 10 milioni di dollari, cui si sono aggiunti altri 5 milioni a gennaio. E’ la conferma che la strategia della copertura a tappeto sarà  proseguita e non si baderà  a spese anche in questi confronti, relativamente minori, con l’obiettivo di restituirgli l’aura di «candidato inevitabile» prima della sfida del Supertuesday.


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