Romney, il clone di destra che adesso spaventa Obama
NEW YORK – «Eccolo là : ha messo pure la cravatta azzurra». Quando l’altra sera Mitt Romney si era presentato in tv nel dibattito decisivo per la conquista della Florida, quel piccolo particolare non era sfuggito nello staff di Barack Obama. La guerra intestina che sta consumando i repubblicani è stato un pensiero stupendo materializzato perfino sulla copertina del New Yorker: Barack che sorride in poltrona, birretta in mano, gustandosi la sfida da SuperBowl tra Mitt e Newt Gingrich. Ma la vittoria a due cifre di martedì sera (46 contro 32 per cento) è una doccia più fredda di qualsiasi birra.
Sedici punti di differenza sono un piccolo ciclone non solo per la Florida. E’ vero che Gingrich dice che combatterà fino alla convention di agosto: «Questa è una sfida a due». E’ vero che Rick Santorum e Ron Paul sono ancora in corsa e che già dal caucus di sabato prossimo in Nevada si ricomincia. Ma il discorso con cui Romney ha festeggiato la vittoria è un segnale: «Leadership è responsabilità e la mia leadership metterà fine all’era di Barack Obama. Questa non è una semplice elezione di un presidente: bisogna salvare l’anima dell’America». Fosse solo la cravatta.
Sostituite nomie cognomi: Romney non parla come l’Obama che si candidava al dopo Bush? Gli spin doctors della Casa Bianca ovviamente sono già al lavoro per far passare la tesi contraria. Il voto in Florida – dice Stephanie Cutter, il numero due della squadra elettorale – dimostra che per vincere Romney ha dovuto smettere la maschera di moderato e conquistare gli arrabbiati. Di più: per sconfiggere Gingrich ha dovuto seppellirlo di spot (60 a 1) e tutti negativi. Conclusione: la Florida ha votato “contro” gli altri candidati e non “per” Mitt. E la sua strategia gli si torcerà contro: alienandogli i moderati nella sfida con Barack.
Sarà . Però Obama quel clone di destra lo teme al punto da avergli dedicato, l’altra sera, una stoccatina: ricordando che l’uomo che si candida a salvare l’America era contrario a salvare invece l’industria dell’auto che grazie a lui è tornata più bella di pria. Perfino la carica della moglie Ann ricorda quella di Michelle. E’ lei che l’altra sera ha presentato, da sola, il marito – il miliardario che non si sapeva fare amare- alla folla di Tampa. E’ lei che prima della chiusura dei seggi l’ha incoraggiato a cantare – proprio come aveva fatto qualche giorno fa Obama nella raccolta fondi all’Apollo Theatre – davanti alla folla di Dunedin: “America the Beautiful”. Com’è stato?, ha chiesto a bruciapelo il comico Jay Leno a un giudice particolare: proprio Michelle Obama. E lei: “Beautiful!”.
Insomma Barack picchiae Michelle accarezza: è già battaglia elettorale. Poi, certo, un clone non è mai l’originale. Proprio ieri a Mitt gli è scappato che «non sono i veri poveri» a preoccuparlo perché per quelli «c’è una rete di salvataggio» sociale. Non gli interessano i poveri? Voleva dire, ha chiarito, che gli sta a cuore l’americano medio e senza protezione. Ma che volete: nonè la cravatta, neppure quella azzurra, che fa il presidente.
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