Riforme «Più posti? Con meno tasse»

by Editore | 20 Febbraio 2012 10:09

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M odifica dell’articolo 18, nuovo contratto unico di lavoro, riforma del sistema degli ammortizzatori sociali. Sono tanti e molto importanti i temi che ruotano intorno all’occupazione. Eppure i consulenti del lavoro obiettano che a questo dibattito manca una voce fondamentale: il costo del lavoro. «Se chiedessimo ad un’azienda, perché non assumi? La risposta sarebbe una ed una soltanto: perché per garantire un netto di 1.236,00 euro ad un lavoratore, bisogna spenderne 2.648; vale a dire il 114,22% in più — afferma decisa, Marina Calderone, presidente dei consulenti del lavoro — .È questo il problema vero. Non c’è dubbio che l’articolo 18 rappresenti una norma che va adeguata ai tempi. Ma non facciamolo diventare il capro espiatorio poiché il vero problema è da tutt’altra parte».
Emergenza
L’occupazione però resta un’emergenza e un nuovo contratto di lavoro sembra uno strumento efficace. «Proprio a fronte di un maggior costo per la flessibilità , per certi versi condivisibile, occorre dare un segnale incisivo riducendo in modo sensibile il costo del lavoro per i rapporti a tempo indeterminato».
Da uno studio effettuato dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro, nel settore industria a fronte di un netto al lavoratore di 1.236,00 euro al mese gravano oneri molto rilevanti: Inps e Inail pesano per il 61,23%% dell’importo; il Fisco per il 25,62%%. A questo si deve aggiungere, secondo lo studio, che i contratti collettivi riconoscono periodi di assenza che aumentano il costo produttivo. E che l’articolo 2120 del Codice civile riconosce una quota di Tfr di circa una mensilità  l’anno; il tutto per un aggiuntivo costo del 27,37%. «Pur conservando tutti i diritti esistenti, anziché parlare di modifiche di articolo 18, sarebbe responsabile un momento di riflessione di ognuno per contenere questi oneri a fronte di una garanzia del posto di lavoro — continua Calderone —. E ciò sulla base del principio esposto dal presidente del Consiglio: tutti devono rinunciare a qualcosa poiché dalla crescita ne beneficiano tutti». 
Le misure
Resta il problema di come realizzare un progetto tanto ambizioso in tempi di vacche magre. «Lo Stato, deve muoversi su tre fronti, riducendo di 5 punti percentuali il contributo delle aziende; dimezzando il costo Irap e forfetizzando il prelievo Iperf al 10% almeno fino a 26.000 euro di reddito. I dipendenti fino a questa fascia sono circa 11 milioni e 700 mila, con esclusione di quelli che sono totalmente esenti. I redditi prodotti sono circa 213 miliardi di euro con la conseguenza che l’applicazione di un prelievo forfettario avrebbe un costo per le finanze pubbliche di circa 4 miliardi e 500 milioni di euro: nonostante la crisi, non credo che il nostro Paese non sia in grado di investire una cifra simile per la sopravvivenza di tutti».
Uno sforzo considerevole che richiederebbe un’ampia concertazione e l’adesione delle parti sociali. «Anche i lavoratori — afferma Calderone — potrebbero fare un ulteriore sforzo rinunciando ad alcune assenze che sono contenute nei contratti collettivi. Le ferie sono un diritto ma ricondurle alle sole 4 settimane non sarebbe sbagliato in questa fase ed anche ridurre i permessi del 50% potrebbe essere uno strumento importante per incentivare la produttività  e quindi garantire il posto di lavoro. Pur conservando il diritto al Tfr, che costituisce un importante cassaforte della famiglia, la sua incidenza andrebbe ridotta di una piccola percentuale e portata dal 6,91% al 6%.In questo modo la riduzione complessiva del costo scenderebbe all’84,52% anziché del 114,22%. Un sacrificio equamente distribuito, tale da non dare più alibi ai datori di lavoro oltre a portare maggiori risorse nelle tasche dei lavoratori».
In questo modo i dipendenti farebbero dei sacrifici sulle assenze retribuite e sul Tfr, ma allo stesso tempo vedrebbero aumentare il loro netto in busta dell’8,40 per cento, ossia, oltre 100 euro al mese secondo i calcolo dei consulenti del lavoro. «A fronte di queste misure — conclude Calderone — deve essere irrigidito il regime sanzionatorio per i rapporti irregolari anche parziali. E vanno intensificate le azioni di controllo sul territorio sul modello di quelle anti-evasione che abbiamo visto in queste settimane e che hanno fatto molto discutere».

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