Respingimenti e cittadinanza. Rutelli indossa la camicia verde

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Nei giorni scorsi alcuni ministri son tornati sull’argomento da un’ottica diversa. Sembra infatti che la tassa rimarrà  ma la durata di ogni tipo di permesso sarà  allungata e verrà  snellita la procedura per il rilascio.

Per stranieri in Italia “le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi sembrano sempre più fondate: sarà  l’allungamento della durata dei permessi di soggiorno (si parla addirittura di un raddoppio) l’aspetto principale delle “rivoluzione” alla quale sta lavorando il governo. Nuove procedure, con un’iniezione di informatica, dovrebbero poi snellire i tempi per rilasci e rinnovi. Le novità  arriveranno a giorni, con un decreto ad hoc o con un emendamento al decreto sulle liberalizzazioni che è all’esame del Parlamento. Allungando la durata dei permessi, si interverrebbe indirettamente anche sull’impatto della tassa in vigore dallo scorso trenta gennaio, dilatando i tempi tra un esborso e un altro”.

Sulla stessa linea alcune dichiarazioni di pochi giorni fa della ministro dell’interno Cancellieri: “Stiamo studiando l’intera materia: il contributo è previsto da una legge con esplicito riferimento all’utilizzo. Occorre esaminare il quadro nel suo complesso. Siamo concentrati sul modello che prevede nuove procedure per il rinnovo dei permessi di soggiorno e la richiesta della cittadinanza”.

E su un’eventuale riforma delle regole per diventare italiani, Cancellieri ribadisce: “la mia posizione è chiara: Sono per uno ius soli temperati, con collegamenti all’istruzione, alla conoscenza dell’italiano, all’inserimento nella società . Comunque aspettiamo le decisioni del Parlamento”.

Tutto il mondo del volontariato, dell’associazionismo e della politica attenta a questo tipo di istanze, è mobilitato nella campagna “L’Italia sono anch’io“, per cambiare le modalità  per ottenere la cittadinanza italiana. Ricordiamo che il nostro paese è uno dei pochi in Europa e nel mondo a mantenere lo ius sanguinis, il diritto un po’ medievale per cui si è cittadini solo se si discende da genitori italiani: le nazioni più dinamiche e proiettate al futuro scelgono la via dello ius soli, per cui, per esempio, chi è nato nel territorio degli Stati Uniti è cittadino americano. Una norma che sembrerebbe di civiltà . Invece qualche politico italiano, disperatamente alla ricerca di una collocazione dopo decenni di cambi di casacca, utilizza linguaggi inaccettabili e fuori tempo. È un leghista? No, è Francesco Rutelli.

Così, il 22 febbraio, l’ex “candidato premier per il centrosinistra nel 2001” dichiara al Giornale: “se introduciamo il criterio dello ius soli… rischiamo di trasformare l’isola di Lampedusa o il porto di Ancona o la stazione di Trieste nelle succursali della più clamorosa clinica ostetrica d’Europa”. Se abbiamo dato il diritto di voto ai discendenti di italiani residenti all’estero secondo il principio dello ius sanguinis, come possiamo contraddirlo? L’ ex radicale non riesce a districarsi. Forse, concede il senatore, si può dare la cittadinanza ai bambini nati qui ma “dopo la terza media” quando hanno conosciuto e accettato i principi costituzionali. “Se vogliamo l’integrazione senza cadere nella trappola di un multiculturalismo fallito, non possiamo accettare da chi vuol diventare cittadino italiano alcuna ambiguità  sui diritti umani fondamentali”.

Ma caro Rutelli, prima dovrebbe essere lo Stato a tutelare i diritti umani fondamentali, dalle carceri ai respingimenti in mare.

Il 21 febbraio infatti è stato reso noto il nuovo rapporto della Commissione contro il razzismo del Consiglio d’Europa, l’ECRI, (in.pdf): una relazione con luci ed ombre, come scrive il presidente ad interim Franà§ois Sant’Angelo.

“L’Italia dispone ora di un’efficace normativa contro la discriminazione e la violenza razzista nello sport. L’UNAR, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, sta estendendo notevolmente le proprie attività . I tribunali hanno annullato un certo numero di misure discriminatorie precedentemente adottate dal Governo e da alcuni sindaci.

Si segnala l’aumento del ricorso a discorsi di stampo razzista in politica; gli immigrati, in modo particolare, sono regolarmente presentati come fonte di insicurezza. Tale linguaggio si rispecchia nelle politiche discriminatorie (ad esempio, numerosi aspetti del cosiddetto “pacchetto sicurezza”).

Non è finita. Ieri è uscita la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sul caso Hirsi, uno dei duecento migranti respinti in Libia il 6 maggio 2009, nel corso della prima operazione di respingimento. Secondo la Corte l’Italia ha violato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, che concerne i trattamenti degradanti e la tortura. La corte ha inoltre stabilito che l’Italia ha violato il divieto alle espulsioni collettive, oltre al diritto effettivo per le vittime di fare ricorso presso i tribunali italiani. L’Italia è stata condannata a versare un risarcimento di 15mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime, in quanto due ricorsi non sono stati giudicati ammissibili.

‘‘E’ una sentenza storica – spiega Christopher Hein direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati. Potrebbe vietare in modo definitivo e inderogabile le operazioni di respingimento di migranti intercettati o soccorsi anche in acque internazionali. La pronuncia della Corte marca un principio fondamentale di cui anche l’attuale Governo non potrà  non tenere conto nel rinegoziare gli accordi di cooperazione con il Governo di Transizione Libico’’.

Per Andrea Olivero, presidente nazionale delle Acli, si tratta di “una censura gravissima per il governo che commise quell’errore e per quelle forze politiche che non solo difesero ma si fecero vanto di quei respingimenti, condannati immediatamente da tutte le organizzazioni umanitarie”. 
“Viene finalmente ristabilita, a livello internazionale, la centralità  dei diritti umani fondamentali, in particolare il diritto-dovere di protezione per gli individui sottoposti ad espulsioni collettive verso paesi in cui la loro sopravvivenza è a rischio”. I 200 somali e eritrei rimandati in Libia, tra cui diverse donne incinte e bambini, furono abbandonati ad un destino tremendo. “La tragica conferma che la demagogia al potere non è mai innocua ma produce errori ed orrori, come in questo caso”.

Qualcosa dunque si muove dall’esterno e dall’interno per spingere l’Italia in direzione della modernità . I politici che non capiscono questo sono destinati all’irrilevanza storica.


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