Quel triangolo di mare a Oriente dove si perdono le navi

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La più immediata e diretta è quella dei pirati somali. Una minaccia cronica diventata più aggressiva che ha portato alla presenza costante di una flottiglia internazionale. Oltre alla Nato, ci sono unità  russe, cinesi, iraniane, sudcoreane e indiane. Ognuno ha le sue regole di ingaggio e i propri sistemi. Non sempre ortodossi. Proprio un’unità  inviata dall’India è stata protagonista, nel novembre 2008, di un caso controverso. La fregata «Tabar» ha preso a cannonate il peschereccio thailandese «Ekawat Nava 5» che era finito in mano ai pirati somali. Quindici marinai sono morti e l’unico superstite è stato recuperato dopo giorni al largo dello Yemen. Per gli indiani si è trattato di un atto di legittima difesa mentre per i thailandesi di un tragico errore. Incidenti provocati anche dalla tattica dei predoni che usano un buon numero di mercantili catturati come navi madre, con gli equipaggi trasformati in scudi umani.
Alle aggressioni si replica in ordine sparso e non mancano risposte sbrigative. Tra le gang si è sparsa la voce di stare attenti ai russi. In un paio di casi, i pirati catturati dalle unità  inviate da Mosca, sono andati incontro a un destino ignoto. Invece che finire ammanettati sotto coperta, i banditi sono stati messi su un canotto e abbandonati alla loro sorte. Scene da film d’avventura, ma terribilmente vere. Altri pirati, dopo essere stati sopraffatti da combattivi equipaggi asiatici che hanno usato armi di fortuna, sono stati «buttati ai pesci».
Reazioni estreme nei confronti di briganti diventati sempre più crudeli. Con lunghi periodi di prigionia segnati dalle torture. Di recente il capitano di una nave thailandese ha subito l’amputazione della mano come forma di pressione sull’armatore. Violenze di gang furiose per le buone difese adottate sui mercantili e ostacolate dall’attività  di interdizione della flottiglia internazionale. Nel 2011, infatti, il numero degli assalti conclusi con la cattura del vascello è sceso verticalmente. Ed è cresciuto il numero dei predoni uccisi o catturati. Ogni tanto dai villaggi somali arrivano notizie — difficili da verificare — sulla scomparsa di interi team di attacco. Famoso un episodio nell’ottobre del 2009 quando gli «anziani» di una località  somala hanno denunciato la sparizione di 30 uomini partiti in caccia con i barchini. Due le ipotesi. Fatti fuori oppure traditi dal monsone, altro nemico insidioso per chi si avventura a queste latitudini. I pirati lo sanno e infatti riducono le sortite. Ma ora la stagione cattiva è appena finita e loro sono tornati al loro safari marino.
Guido Olimpio


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