“Snam più forte senza Eni nel capitale può diventare il numero uno in Europa”

by Editore | 15 Febbraio 2012 7:31

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MILANO – «Senza Eni sarà  più facile diventare leader europeo delle reti». A un passo dall’approvazione del decreto sulle liberalizzazioni, l’ad di Snam Carlo Malacarne spiega a Repubblica i vantaggi dell’uscita di Eni dal capitale del gruppo che gestisce la rete del gas e gli stoccaggi in Italia. Sottolinea perché «non ha senso la fusione con Terna» e annuncia i primi investimenti in Europa.
Ingegner Malacarne, il governo ha deciso la separazione proprietaria tra Eni e Snam. Si tratta di scelte dell’azionista, ma come manager può dare indicazioni operative. C’è chi propone, per esempio, una fusione tra Snam e Terna. Che cosa ne pensa?
«Credo che non abbia senso. Può essere una scelta politica, ma non di business. Tra le due società  non ci sono sinergie operative, non c’è necessità  di creare un gruppo fortemente capitalizzato perché Snam ha già  questa caratteristica. Inoltre, non mi pare che in Europa ci siano esempi di alleanza tra reti gas ed elettriche che abbiano funzionato. Dove è stata fatta, in Portogallo e Danimarca, è stato solo per scelta politica». 
E se invece venisse approvato il progetto di una holding a controllo pubblico che abbia sotto le due società  di gestione? 
«L’importante è che ci sia unità  di intenti sulla strategia di Snam e sul ruolo che può avere in favore del sistema Paese. La nostra strategia è quella di diventare leader in Europa nella gestione delle reti del gas. Un obiettivo raggiungibile solo mantenendo la gestione integrata di tutte le attività  regolate. Se questo è l’intento condiviso da tutti, la formula per la separazione può anche essere questa». 
Sarà  più facile per Snam, quando non sarà  più sotto il controllo di Eni, raggiungere l’obiettivo di numero uno delle reti in Europa?
«Premetto che Eni ha sempre favorito la nostra strategia di espansione che, tra l’altro, è stata annunciata più di un anno e mezzo fa. E avendo approvato questa strategia, avrà  anche messo in conto di poter scendere di quota. Ma bisogna dire che una uscita dall’azionariato di Eni faciliterà  la nostra strategia, perché sarà  più facile sottoscrivere joint-venture o procedere ad acquisizioni. Avremo maggiore facilità  nell’esecuzione degli accordi e nei tempi delle operazioni».
Siamo appena uscita da una nuova emergenza gas, la terza in sei anni. Il fatto di uscire dal perimetro di Eni potrebbe aiutare il Paese a evitarne una quarta in futuro?
«E’ stata una settimana di emergenza a tutti gli effetti, un consumo di 460 milioni di metri cubi di gas in una sola giornata non si era mai vista. Questo significa che, con i due rigassificatori non in piena operatività , il sistema congiunto di rete e stoccaggi ha retto benissimo. Ma questo rende ancora più importante la realizzazione di una rete europea, in cui Snam sarà  protagonista, per fronteggiare le emergenze. Come nel 2005, la settimana scorsa c’è stata meno gas dalla Russia perché si sono abbassate di molto le temperature nell’Est Europa. Ma c’era disponibilità  di gas in Francia e in Spagna i rigassificatori andavano al 40%. Una rete europea che colleghi in modo efficace tutti i Paesi renderebbe il mercato più liquido e gli operatori potrebbero usufruire anche del mercato spot, quello non legato ai contratti di lungo periodo».
Avete appena firmato una alleanza con il gruppo Fluxys cui Eni ha ceduto i gasdotti in arrivo dal Mare del Nord. Parteciperete con loro alla gara per la rete E.on in Germania, visto che Fluxys ha già  il 50% della rete del gruppo tedesco?
«C’è un processo di gara in corso e non posso commentare. Posso però ricordare che l’alleanza con Fluxys prevede che valuteremo insieme progetti come acquisizioni e investimenti in progetti che possano portare a una rete europea. La rete E.on in Germania è importante perché collegata con il Mare del Nord e attraverso la rete svizzera all’Italia e al Mediterraneo».
Se non è questo l’obiettivo numero uno, le vostre mire riguardano l’Interconnector, il collegamento con l’Inghilterra?
«È uno degli investimenti cui stiamo guardando, visto che da quel tratto di rete passano 20 miliardi di metri cubi all’anno. Ma è un investimento che va visto in prospettiva. Secondo le previsioni dal 2030, la Gran Bretagna avrà  bisogno di importare gas, per cui il flusso di materia prima si invertirà . E potremmo essere noi a portarcelo».

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