“Le mazzette e l’evasione costano 200 miliardi l’anno combatterle come la mafia”

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ROMA – Potrebbe apparire come una lampante contraddizione. Giusto nelle stesse ore in cui alla Corte Giampaolino rampogna la politica per non essersi mossa sulla corruzione, alla Camera matura l’ennesimo rinvio, stavolta di 15 giorni, per il ddl anti-corruzione. Lo firmò Alfano nella primavera 2010, l’ha votato il Senato, ora attende un altro sì. Tocca al Guardasigilli Paola Severino trovarsi tra due fuochi. Esce dalla Corte e risponde che contro la corruzione «va condotta una battaglia veramente seria». Per questo, dice, «sto andando a Montecitorio». Dove si riuniscono le commissioni Affari costituzionali e Giustizia. E dove lei chiede un nuovo rinvio per preparare gli emendamenti e i pareri a quelli presentati dagli altri partiti. 
La polemica è dietro l’angolo. Con i leader politici, Bersani, Casini, Di Pietro, che chiedono una legge subito. Ma fonti bene informate di via Arenula garantiscono che il ministro della Giustizia non s’è affatto presa un rinvio di comodo per eludere la questione, ma «fa sul serio». Di un intervento sulla corruzione Severino aveva parlato con Repubblica nella sua prima intervista. Adesso lavora su tre direttrici che ufficializzerà  l’8 marzo. Al primo punto c’è l’immediata ratifica della famosa convenzione di Strasburgo che viene sollecitata da tutti i tecnici. Essa comporta l’ingresso del nostro codice di fattispecie come la corruzione privata e il traffico di influenze. Ma il lavoro più complesso svolto nei prossimi giorni riguarda una rilettura incrociata e una rimodulazione dei reati esistenti di corruzione e concussione, valutando passo per passo il raccordo coerente con le richieste internazionali. Infine le pene, il capitolo più delicato. Severino spinge per elevare le massime, mentre nel ddl aumentano solo le minime. Un modo implicito, se passa la linea Severino, per garantirsi una prescrizione più lunga, senza un intervento ad hoc.

Le consulenze / Troppo spesso inutili doppioni molte le denunce dei cittadini    


Consulenze e incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni a soggetti esterni sono ormai da tempo nel mirino della Corte. Nelle conclusioni delle sue 200 pagine, che gareggiano con le oltre 300 del presidente, il procuratore generale rivela che «in casi macroscopici» i contratti «sembrano strumentali al perseguimento di obiettivi personalistici cui è estraneo l’interesse pubblico». Il Pg ritiene «degno di nota» che le procure vengano a conoscenza di questi episodi di malcostume «sempre più spesso a seguito di specifiche segnalazioni di cittadini», oltre che ovviamente per via delle ispezioni della Ragioneria generale dello Stato. Per incarichi e consulenze del tutto o in parte anomale, perché sono inutili “doppioni” rispetto a figure professionali già  esistenti o per l’eccessivo valore dell’importo, nel 2011 il danno calcolato nelle sentenze è di 2.970.267 euro. Altri 1.245.075 euro compaiono nelle citazioni dello stesso anno.

Le tangenti / L’Italia non si adegua alla Ue ignorate le raccomandazioni    


Corruzione come «malamministrazione». Scritto in corsivo nella relazione del pg della Corte. La lotta per estirparla «svolge un ruolo determinante in quanto consente di liberare energie compresse che possono aiutare lo sviluppo dei mercati e favorire l’emersione di attività  economiche che giovano al sistema generale della fiscalità ». Ma l’Italia è colpevole perché, come scrive il pg, «va ancora evidenziata la mancata ratifica della convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione datata 1999, già  da tempo sottoscritta dall’Italia». Non basta. «Giace» presso la Camera dei deputati il ddl 2156 del 2010 in cui ci sono le norme per prevenire e reprimere la corruzione e l’illegalità  nella pubblica amministrazione. Peccato che, già  nel 2007, il Greco, il gruppo di Stati contro la corruzione, aveva indirizzato all’Italia ben 22 raccomandazioni. Ma l’Italia, dice la Corte, «non ha ancora aderito ad alcuno degli strumenti consigliati».

L’evasione / È una piaga, ma lo Stato ora inizia a recuperare    


L’evasione fiscale colpisce al pari della corruzione. Ma si aprono squarci sul recupero. Quando lo chiedono al presidente Giampaolino lui risponde premettendo che i dati in suo possesso non sono ancora completi. Ma sulla base del monitoraggio periodico della Corte dei conti sulle entrate erariali contabilizzate per cassa nei relativi capitoli di bilancio «è possibile sin da ora rilevare un incremento di oltre 1,7 miliardi di euro delle entrate da accertamento e controllo conseguite nel 2011 rispetto all’anno precedente. L’anno scorso hanno superato gli 11,1 miliardi di euro, contro i 9,3 del 2010». Giampaolino fa notare che le entrate, «oltre a riflettere la maggiore efficienza dell’attività  di riscossione, comprendono sia l’azione di accertamento fiscale in senso proprio, sia i controlli automatizzati, che riguardano prevalentemente il recupero di imposte dichiarate e non versate dai contribuenti per mero errore». 

La sanità  Irregolarità  e sprechi diffusi nel 2011 22 milioni di danni    


Sanità  nel mirino sempre per via dei danni erariali. Scrive la procura generale che questo settore «conferma di essere un terreno abbastanza fertile per il verificarsi di fattispecie dannose per la finanza pubblica». Nel 2011 la Corte chiude sentenze in cui, oltre ai danni causati agli utenti per responsabilità  sanitarie, si aggiungono profili di spreco «per la gestione della spesa farmaceutica, delle risorse strumentali in genere, dei rapporti tra sanità  pubblica e privati convenzionati, nonché gli illeciti conseguenti alle irregolari modalità  di svolgimento dell’attività  “libera” da parte del personale medico dipendente». Nel 2011 le procure regionali della Corte hanno trattato un centinaio di casi e hanno deciso risarcimenti per un ammontare complessivo di 22 milioni di euro. Saranno tenute al pagamento 144 persone fisiche e otto persone giuridiche. Vi sono stati risarcimenti preventivi per 126mila euro.


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