Piccole e grandi imprese non trovano un’intesa sugli ammortizzatori
ROMA — Alla fine neanche le imprese hanno trovato una posizione comune sulla riforma del mercato del lavoro. Oggi alle 18, all’incontro tra governo e parti sociali presso il ministero del Lavoro, che riguarderà in particolare i contratti, il documento comune sulla «flessibilità in entrata» porterà la firma di Confindustria, Abi, Ania e delle Cooperative. Resta fuori Rete Imprese Italia perché, come spiega il presidente di turno, Marco Venturi, il dialogo con le altre organizzazioni imprenditoriali non ha dato «i risultati attesi».
Ieri il presidente degli industriali, Emma Marcegaglia, al termine del direttivo di Confindustria, ha spiegato la propria posizione sulla trattativa: «Credo — ha detto — che la riforma del mercato del lavoro sia un tassello importante, come le pensioni e le liberalizzazioni, per avere più occupazione, crescita e produttività . Credo sia una riforma importante che va fatta. Tutti lavoriamo per un accordo poi sarà il governo a decidere».
Il contributo che la parte datoriale darà alla trattativa sarà un documento, che non è detto che venga materialmente consegnato al ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che contiene alcune caute concessioni sulla flessibilità in entrata, in attesa di quelle sulla flessibilità in uscita l’articolo 18. L’apprendistato resta, come era atteso, il perno di tutto il sistema, diventando a tutti gli effetti il «contratto prevalente». Ma perché questo accada davvero, le imprese si impegnano a disboscare la selva dei contratti (la Cgil ne ha contati 46) che creano precariato. L’apertura più interessante dovrebbe essere fatta sul contratto a tempo determinato e sulla possibilità di rendere questo tipo di rapporto più costoso per le imprese. Per quanto riguarda i co.co.pro., i voucher, i contratti di somministrazione e le finte partite Iva, gli imprenditori propongono una regolazione più stringente.
Ma perché rispetto a questo pacchetto non c’è stato il consenso di Rete Imprese Italia? «Sono emerse posizioni diverse» è la spiegazione laconica di Marco Venturi — rappresentiamo soprattutto le piccole e medie imprese, con contenuti diversi sui temi del lavoro. La prima cosa — ha concluso — è trovare un faro preciso nella discussione perché dobbiamo capire dove questo intervento complessivamente va a parare».
E il punto pare proprio questo: la differenza tra le imprese non riguarda tanto il capitolo dei contratti, anche se per Rete Imprese Italia il sistema attuale non andrebbe proprio toccato. Il punto vero è che per artigiani e commercianti non è chiaro come Confindustria e le altre associazioni vogliano orientarsi sul tema ben più delicato degli ammortizzatori sociali. Dove, come si sa, i firmatari del documento comune sono propensi a estendere gli attuali strumenti a patto che tutti vi contribuiscano. Ma proprio sulle nuove risorse da versare Rete Imprese Italia non ha nessuna intenzione di cedere.
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