Pescatori uccisi, perquisita la Enrica Lexie sequestrate a bordo le armi dei marò
KOCHI – È come attraversare una giungla equatoriale. La fatica, le sorprese, gli ostacoli e le trappole spuntano all’improvviso. «Ma oggi finalmente abbiamo iniziato a lavorare insieme su qualcosa di concreto, e lo spirito di collaborazione c’è», dice da bordo della Enrica Lexie il console Giampaolo Cutillo. Adesso è mezzanotte, e sta per terminare la perquisizione della petroliera italiana sequestrata dalla polizia indiana per il caso dei due pescatori uccisi al largo del Kerala. Hanno iniziato alle 11,30 del mattino, la squadra guidata da Cutillo e il gruppo della polizia indiana che ha un primo obiettivo: sequestrare le armi e verificare se i proiettili che hanno ucciso i pescatori sono compatibili o meno con gli AR-70 dei due marò arrestati da domenica scorsa.
A bordo della petroliera sono saliti anche due maggiori dei Carabinieri, due esperti balistici del Ris, Luca Flebus e Paolo Fratini. Il lavoro svolto per più di 12 ore è stato innanzitutto quello di consegnare agli indiani, sigillate anche dagli italiani, le armi del San Marco: «Gli indiani hanno trovato che tutto corrispondeva a quanto dichiarato, non ci sono misteri o carichi differenti da quanto previsto», dice Cutillo.
Il commissario Ajit Kumar, uno degli ufficiali indiani, ha detto che oltre alle armi si sono rilevate le impronte digitali ed è stata perquisita tutta la petroliera. La polizia vuole far si che nulla sfugga al suo controllo, anche in previsione del fatto che la Lexie potrebbe ripartire già da domani, dopo il pagamento di una cauzione da metter da parte per eventuali indennizzi alle famiglie dei pescatori.
Secondo una fonte indiana, la polizia avrebbe sequestrato anche le tute mimetiche e i giubotti anti-proiettile che Salvatore Girone e Massimiliano Latorre indossavano quando dicono di aver sparato in aria e in acqua per allontanare una barca di sospetti pirati. Il motivo è che gli altri pescatori del peschereccio St. Anthony hanno riferito di aver visto degli uomini sparare indossando soltanto delle t-shirt, come fossero dei contractor privati e non personale militare con delle consegne precise anche sull’equipaggiamento da indossare in caso di scontro armato. Una piccola prova a sostengo della tesi che gli incidenti in mare sarebbero stati due, a poche ore di distanza uno dall’altro.
Sul calibro dei proiettili continuano a girare i numeri: 5,76 è quello delle armi italiane, 0,54 pollici quello dei proiettili prelevati dopo le autopsie. Ma in una situazione tesa e confusa come quella che circonda l’indagine indiana anche i numeri possono ballare. Ieri Oommen Chandy, il chief minister del Kerala, un politico che ha immediatamente cavalcato il caso della Lexie, ha risposto a chi lo accusava dicendo che legalmente il caso è debole. «Chi mette in giro queste voci non sa di cosa parla, l’inchiesta è solidissima, non c’è nessun motivo per cambiare il team di investigatori». Una conferma che questa non è solo un’inchiesta giudiziaria: come però sarebbe anche in Italia se due pescatori fossero stati uccisi da marines americani o francesi al largo della Sicilia.
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