Pericolo greco per la Bce

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La Banca centrale europea (Bce) è in pericolo, perché detiene quantità  considerevoli di buoni del tesoro greci. Molti più di quello che immaginano i mercati o di quello che si è potuto leggere sulla stampa economica (probabilmente 100 miliardi di euro). La moneta di un paese che ha una banca centrale in difficoltà  ha poche possibilità  di sopravvivere.

Atene lo sa molto bene e ne approfitta. Ma per quale motivo l’Europa dovrebbe dare ai politici greci, che a quanto pare non hanno intenzione di adottare delle riforme degne di questo nome, un’arma che potrebbe ritorcersi contro di essa? Bisogna proteggere la Bce, e bisogna farlo adesso.

Dare queste garanzie potrebbe significare esporre a un rischio maggiore i contribuenti, e ciòe spiega l’immobilismo dei dirigenti europei. Ma questi devono rendersi conti che se tolgono questa minaccia dalle mani dei loro ricattatori, il rischio che si realizzi diminuisce. In altre parole, se i politici greci si rendono conto che il loro tentativo non funziona, forse cambieranno tono e faranno dei veri sforzi per avviare delle riforme.

In questo caso i contribuenti europei avranno fatto un vero affare, perché la concessione di queste garanzie ridurrebbe il rischio di un costoso fallimento. Meglio prevenire che curare.

Impegnare delle somme più consistenti nel Meccanismo europeo di stabilità  (Esm), il fondo di soccorso permanente [che entrerà  in funzione il 1° luglio], permetterà  al contrario risparmiare del denaro. E anche il ricorso a fondi più consistenti per proteggere la Bce permetterebbe, sempre per le stesse ragioni, di risparmiare. La “promessa di aumentare le spese” non vuol dire necessariamente che delle somme saranno realmente spese.

Indipendentemente dalla possibilità  che la Grecia fallisca o meno, i tedeschi vogliono escluderla dall’euro, e cercano di guadagnare tempo per sostenere l’Italia e la Spagna e dare loro la possibilità  di affrontare le turbolenze provocate dall’uscita di Atene. Ma questo atteggiamento rischia di accelerare il rischio di default della Grecia, come un’ape che sul punto di morire infligge una puntura mortale.

I leader politici europei non possono correre il rischio che la Grecia, sentendosi prossima alla sua esclusione dall’euro, dichiari fallimento. Di conseguenza devono proteggere la Bce prima di subire una “puntura mortale”.

In questa analisi bisognare prendere in considerazione anche il Fondo monetario internazionale: più l’Europa si protegge, minori sono le possibilità  che l’Fmi intervenga versando un contributo supplementare al fondo di salvataggio. I leader europei esitano a chiedere un contributo più importante all’Fmi, ma per la Bce questo gioco è pericoloso. Se infatti l’Fmi decidesse di non fornire fondi complementari, la Bce si troverebbe completamente esposta in caso di fallimento. In questo caso è meglio prendere delle contromisure e lasciare che l’Fmi giochi le sue carte come preferisce.

Il più immediato rischio di un fallimento della Grecia potrebbe essere la controversia sulle perdite in cui incorrerebbero i titolari delle obbligazioni greche se il fondo di soccorso per la Grecia dovesse essere utilizzato.

Ma un accordo probabilmente non basterebbe a evitare il fallimento. Molto probabilmente l’haircut [riduzione del debito] sarà  così pesante che le agenzie di rating non potranno definirlo “volontario”, e di conseguenza parleranno di una forma camuffata di fallimento. Nessuno sa cosa succederà  [questa situazione potrebbe far scattare i meccanismi di risarcimento dei titolari del debito e la perdita delle garanzie della Bce per le banche]. In questo clima di incertezza la priorità  è proteggere la Bce.

Finora quasi tutti i tentativi dei leader europei sono falliti. Per questo la crisi non è ancora finita. Ma se i politici non dimostreranno più efficacia nel difendere la Bce, sarà  troppo tardi per salvare l’istituzione e l’euro. La Bce deve poter utilizzare le entrate fiscali. Il momento di fornire delle garanzie alla Bce è arrivato.

Traduzione di Andrea De Ritis


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