Perché è una corte internazionale di ingiustizia
Come è noto, la Corte di Giustizia ha inteso dare un contributo alla risoluzione dell’attuale contesa della Germania contro l’Italia, sostenendo che l’Italia aveva violato l’«immunità giurisdizionale» dello Stato tedesco. L’avrebbe violata perché le autorità politiche italiane non si erano opposte alle cause di risarcimento contro la Germania che erano state promosse da ex-internati militari e da familiari di vittime del nazismo.
E per di più la Corte di Cassazione italiana, a sezioni riunite, si era schierata contro lo Stato tedesco adottando un’interpretazione restrittiva del principio dell’«immunità giurisdizionale» e riconoscendo la competenza dei giudici italiani. La Corte di Cassazione aveva inoltre stabilito che la Germania nazista era responsabile di una strage feroce dei diritti umani fondamentali, a cominciare dal diritto alla vita. E aveva quindi sostenuto che erano del tutto legittime sia le indagini sui criminali tedeschi ancora in vita, sia le richieste di indennizzo da parte delle vittime italiane.
A mio parere ci sono dunque ottime ragioni per dissentire dalla posizione filotedesca del ministro degli esteri italiano. Una, soprattutto, è di grande rilievo e viene normalmente trascurata da chi ha poca familiarità con il diritto internazionale.
A mio parere è molto grave che non si tenga conto, sia sul piano politico che su quello giuridico, che la Corte internazionale di giustizia dell’Aia è priva di qualsiasi potere giurisdizionale. È sufficiente dare un’occhiata all’articolo 96 della Carta delle Nazioni Unite e consultare lo Statuto della Corte di Giustizia per accertare che alla Corte è stata attribuita soltanto l’elementare funzione di esprimere «pareri consultivi». E li può esprimere solo se viene sollecitata dagli Stati membri delle Nazioni Unite o da altri Stati.
Per di più la Corte non è in grado di esprimere un parere vincolante a proposito di una causa fra Stati se la sua autorità non è stata prima formalmente riconosciuta dagli Stati in controversia fra di loro. In sostanza, si tratta di un tribunale arbitrale che giudica solo sul presupposto di un accordo formale fra le parti di una controversia. E fra l’altro questo limite comporta che gli Stati responsabili di crimini compiuti nel passato o nel presente contro altri Stati non possono essere sottoposti ad alcun processo spontaneo da parte della Corte. Il pensiero va naturalmente sia a paesi come l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia, l’Algeria, sia alle potenze occidentali che li hanno aggrediti, a cominciare dagli Stati Uniti d’America.
È quindi evidente che la Corte Internazionale di Giustizia merita di essere considerata un’istituzione di minimo rilievo nel contesto del diritto internazionale vigente e delle relazioni politiche fra gli Stati. Chi attribuisce un importante rilievo giuridico e politico ai suoi pareri consultivi intende «ingiustamente» ingannare i propri avversari.
Ma c’è anche un’altra ragione decisiva per mettere in evidenza il buon fondamento delle richieste rivolte alla Germania dalle vittime italiane del nazismo, come hanno sostenuto la Procura militare di Roma e in particolare il procuratore Marco de Paolis. Non ci possono essere dubbi che il diritto alla vita è un diritto fondamentale che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ha proclamato e che numerosi trattati internazionali hanno successivamente confermato. Questo diritto, per quanto largamente violato dalle potenze occidentali, dovrebbe essere riconosciuto e praticato da tutti gli Stati come oggi esige il Consiglio per i diritti umani, istituito nel marzo 2006 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
È dunque il caso di esigere che il nostro autorevole presidente del Consiglio, Mario Monti, corra a far visita ad Angela Merkel. Si tratta di regalarle un attendibile manuale di storia della Germania hitleriana e di pregarla di non tener conto delle opinioni del ministro degli esteri italiano, Giulio Terzi.
* Docente di filosofia
del diritto internazionale
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