Per un’antropologia della buona società 

by Editore | 25 Febbraio 2012 8:01

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Il passato è una terra straniera: fanno le cose in maniera diversa, lì». Bello, bellissimo, geniale, l’incipit di Messaggero d’amore (Nutrimenti, traduzione di Marilena Renda, pagg. 368, euro 19,50). Un incipit molto rubato e riciclato (in Italia portano il titolo Il passato è una terra straniera un romanzo di Carofiglio e il film di Daniele Vicari che ne è stato tratto. All’estero non so, ma risulta che tutti conoscano l’incipit e pochi il libro). Poco importa tuttavia la bellezza della frase. Importa che questo incipit è la chiave di lettura perfetta, la password per la decodificazione di un romanzo di formazione che gioca tutto sull’inconsapevolezza del protagonista, sull’ingenuità  vera, sui diversi codici sociali da capire e apprendere, sulla difficoltà  a far proprie le regole del gioco – quello a cui vincono sempre i più forti, i più ricchi, i più consapevoli, e da cui restano schiacciati coloro che non parlano la lingua della tribù, che non condividono quei codici segreti. E non è un caso se si chiama così La regola del gioco, uno dei più crudeli film di Jean Renoir, girato nel 1939.
Messaggero d’amore, tuttavia, non è, come è stato scritto per lanciarlo, «lo struggente canto del cigno del romanzo romantico». È uno studio antropologico sulla buona società , una ricerca sulla difficoltà  di inserirsi nel mondo e nei silenzi “sociali” che ci circondano, e un romanzo realistico, paradossalmente, anche se il realismo qui si applica a quella cosa sfuggente e labile che è la psicologia di un ragazzino. Perché attraverso la psicologia di Leo Colston, l’amico di condizione più umile invitato nella splendida casa di Brandham Hall, Norfolk, nella torrida estate del 1900, il quasi adolescente che passa le vacanze in un mondo troppo ricco e troppo bello e troppo indecifrabile per lui, che nulla sa dei riti e dei tabù della società  in cui si sente estraneo, il goffo adolescente che in mezzo ai suoi eleganti ospiti e alle cose che non capisce è per la prima volta consapevole della sua inferiorità  sociale, vediamo in controluce la società  inglese e più in generale quella borghese all’inizio del “secolo breve”. Che sarà  invece lunghissimo e tragico, e ci porterà  a quella cosa nuova e diversa che è il mondo adesso. E a fare del passato una terra straniera.
Leo, grassoccio, mal vestito, con abiti troppo caldi per quella lunga estate calda, poco abituato a vivere con altri che non siano il suo piccolo mondo familiare, non sa niente. Soprattutto circa il soggetto che lo turba e su cui cadono più perentori l’ordine e la congiura del silenzio: il sesso. E lungo tutto il libro, che racconta anche una passione “illecita” ai cui fini l’ingenuità  e i sentimenti e le passeggiate di Leo sono sfruttati, gli interrogativi e la possibile risposta a quello che Leo non capisce, al mistero di cui non vogliono farlo partecipe (cosa fanno gli uomini e le donne insieme, in privato?) arriverà  in maniera brutale e tragica. E Ted Burgess, il fattore, bello, forte, spontaneo, diretto, l’amico segreto di Leo, non potrà  più rivelargli tutto, come aveva promesso. Ted, che ha una segreta e “scandalosa” relazione con Marian, la ragazza dei sogni di Leo, il suo primo incontro con la bellezza, la sorella del suo amichetto e la figlia dei suoi ospiti. 
A poco a poco, mentre procede questa estate destinata a finire in tragedia, Leo ha bagliori, squarci, rivelazioni di quello che vorrebbe capire. Ma mai abbastanza. Fino al disvelamento finale, allo choc che lo porterà , assieme al suo alter ego e autore LP Hartley, ancora intimidito dal ricordo di quell’agosto vissuto o immaginato, a un silenzio di mezzo secolo, a rievocare sessant’anni più tardi queste vicende private, così sconvolgenti anche dopo il trauma della guerra e della bomba. È un errore pensare, di fronte a queste pagine, a un’esperienza fortemente autobiografica? Colm Tà³ibà­n su The New York Review of Books sostiene che Hartley, omosessuale, in realtà  non si dava ragione della passione di Marian e Ted. E sembrerebbe che, in questo intreccio tra autobiografia e invenzione, disapprovasse la loro storia d’amore, aspettandosi che anche il lettore la pensasse come lui. La sua, secondo lui, era una storia di «innocenza tradita, e non solo tradita ma corrotta». Il centro era Leo, tradito ma non ancora corrotto. E quando scoprì che il pubblico simpatizzava per Ted e Marian, scrisse al suo editore stupefatto, chiedendosi dove mai si sarebbe finiti.
L’opera d’arte è dunque frutto di inconsapevolezza? Un libro che vive della dialettica infelice tra impulsi naturali e convenzioni sociali nasce “contro” la sensibilità  del suo autore? Se leggiamo questa storia pensando a Julie Christie, che ha interpretato Marian nel bellissimo film realizzato da Joseph Losey nel 1970, la pagina, e la visione di quell’estate come la vive Leo, prendono una seduzione particolare. Siamo incantati da Marian, dolcissima e generosa ma manipolatrice. Marian che aiuta Leo e lo salva dal ridicolo comprandogli il vestito giusto. Marian che lo usa ma lo protegge. Marian, che ignora e rispetta al tempo stesso le convenzioni. Marian che fa su Leo il suo esperimento sociale. Marian che cinicamente sa voltare pagina – mentre Leo resterà  segnato per sempre. C’è, dopo tutto, un romanzo in questo libro. LP Hartley lo racconta mirabilmente – e pazienza se chi scrive e chi legge vede le cose in maniera diversa.

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