Pasolini e Laura Betti veri “personaggi di vita”

Loading

Esiste un modo emozionante, e non solo intelligente, di esplorare un autore: una maniera organica e mimetica, “sporcata” dalla vita. Questa modalità  determina l’effetto della lettura di Qualcosa di scritto, il nuovo libro di Emanuele Trevi (pagg. 248, euro 16, 80, esce il primo marzo per Ponte alle Grazie), che tocca il lettore in corde perturbanti, catturandolo in un contatto dall’interno con l’opera da affrontare, sondata con un’intimità  quasi scabrosamente passionale. Attitudine distante mille miglia dagli sfoggi sapienziali dell’analisi letteraria corrente. 
L’opera è Petrolio e l’autore è Pier Paolo Pasolini, inesauribile enigma della coscienza politico-culturale ed etico-sociale italiana. Risolvendosi a fronteggiarlo attraverso quell’ultimo lavoro incompiuto, Trevi agisce “di sponda”, portandoci inizialmente a credere che sta esponendo un tracciato autobiografico, cioè la sua storia di giovane scrittore risucchiato, durante i primi anni Novanta, nelle spire del Fondo Pasolini affidato a Laura Betti. 
È lei, la ferocissima Laura, che sembra dominare da protagonista una narrazione di cui in realtà  (ci accorgeremo presto) il vero cuore è PPP: Laura è solo un tramite, uno strumento di conoscenza. Nel diario di quel tormentoso ingaggio presso il Fondo (Trevi all’epoca è inesperto e vulnerabile), spicca l’icona monstre della smodata signora, erogatrice di visioni esilaranti. Il fatto che sia una figura tragica (come ci farà  scoprire Trevi) non ne contraddice la comicità . Si sa che i matti, benché sofferenti e disperati, provocano situazioni buffe.
Per i giovani che ignorano chi sia la Betti, riassumiamo: attrice e cantante, nata nel 1927 e morta nel 2004, contava su uno charme esistenzialista e su un’eccitante voce roca. Apparve in capolavori quali “La dolce vita” e “Novecento”, oltre che nella maggior parte dei film girati da PPP. Emiliana bionda e felina, accolta in gioventù dai più sofisticati e viziosi salotti romani, nutrì un amore devastante per Pier Paolo, che plasmò la sua sorte. Alcuni individui, scrive Trevi, “svolgono nella vita dei loro simili un ruolo catastrofico”. Per Laura l’apocalisse fu l’incontro con quell’artista torvo, misterioso, disomogeneo, avido di purezza e circondato da “ragazzi di vita”. Lo amò più di se stessa, mentre lui le rimase straniero e lontano, infossato nella sua creatività  rabbiosa, nel nitore abbagliante dei suoi paradossi, nel bisogno instancabile di demistificare ogni ideologia, nel testimoniare le ferite sociali e spirituali dell’Italia del dopoguerra, già  protesa verso un disumano consumismo. 
Quando Pier Paolo, massacrato a Ostia, scompare nel ’75, Laura si vota alla cura del Fondo istituito in suo nome a Roma. Qui, mentre la cerchia degli intellettuali di sinistra che le gravita attorno assiste annichilita all’ascesa di Berlusconi, la folle erinni, ormai invecchiata e obesa, infligge a Emanuele le sue persecuzioni. Trevi, nel libro, la chiama sempre “la Pazza”, e non esagera. Laura era pazza come lo sono certi pazzi intellettualmente acuti e socialmente accetti grazie a un ruolo che li assolve. Portatrice di una delega significativa per l’intellighenzia, era l’eletta custode del messaggio del Poeta. Missione che la abitava con un convincimento tale da farsi onorare da chiunque, nonostante le collere funeste, la sconcia bulimia, i gesti da schizzata (irresistibile l’episodio in cui fa pipì sulla moquette dell’ascensore di un hotel di Atene dopo uno scontro con la direzione dell’albergo), e le crudeltà  con cui infierisce sui suoi interlocutori, tra cui Emanuele, apostrofato quotidianamente come “Zoccoletta”. 
Ma è proprio con questo trait d’union che Trevi accede al più elusivo degli artisti. Avventura rischiosa, come lo è “Petrolio”, al tempo stesso romanzo, saggio, poema mitologico, libro di viaggi e di racconti… “Qualcosa di scritto”, secondo la formula affiorante a più riprese in un testo che, come una collosa secrezione, sembra non staccarsi dalla sua origine: “Io vivo”, afferma Pasolini, “la genesi del mio libro”. Non è semplicemente il narratore, ma parla al lettore in quanto se stesso, come confessa a Moravia, spiegandogli la sua peccaminosa presa di possesso della realtà  per mezzo della scrittura. 
Nucleo oscuro di “Petrolio”, uscito postumo nel ’92 da Einaudi, è il tema del doppio: Carlo, ingegnere dell’Eni e cattolico comunista, è diviso in un Carlo angelico e sociale e in un Carlo decadente e satanico. La sua molteplicità  identitaria (e sessuale) si espande a un tratto nell’evento sconvolgente del suo divenire donna, trasformazione che gli permette di assaporare incesti e amplessi a catena. E dalle pagine, via via, emerge un intero continente di strutture mitiche e antropologiche, prodotte da uno scavo nelle ombre più remote dell’inconscio umano. Trevi si lancia a capofitto in questa materia, sbrogliando il senso di un atto testamentario lasciato da PPP, una sorta di chiave iniziatica ai più profondi segreti dell’esistenza. 
La strategia si muove su vari fronti: Trevi compie viaggi fisici e mentali nella cultura greca (recandosi due volte alla sacra Eleusi), si confronta con le immagini di dissipazione del film “Salò” (’75), indaga sulla sintonia che certi “pasoliniani” (Pazza compresa) coltivano alacremente con la ritualità  sadomasochistica, un tipo di violenza pulsante in “Petrolio” e molto familiare a PPP, indefesso sperimentatore dell’eros. È in tale mosaico di suggestioni che Trevi approda al suo agognato incontro con lo scrittore-regista. Azzarda un estremo gesto di crescita sul piano della prosa e si contagia con l’oggetto incandescente della sua ricerca, dal quale mutua l’intensità  e il coraggio del rapporto con la vita e il vorticoso innesto degli stili. Romanzo, saggio, diario di viaggio… Come “Petrolio”, anche il bel libro di Trevi è “qualcosa di scritto”: un ibrido ardente, e non etichettabile, di possibili scritture.


Related Articles

Vince “The Artist” omaggio al passato

Loading

Cinque statuette al film francese muto e in bianco e nero Ma non tutti lo esaltano Premiati anche i veterani Christopher Plummer, 82 anni e Meryl Streep  

Quella poetica rurale sui miti della nascita

Loading

Nuova edizione per Giovan Battista Bronzini «A Craco, la sera, la ragazza recita in silenzio una breve preghiera e attende la mezzanotte: se subito dopo ode un canto o un fischio, l’avvenire si prospetta lieto; triste se ode un raglio o un qualsiasi rumore sgradevole».

Strega, candidato il romanzo di Geda e del profugo afgano

Loading

MILANO – Sarà  la prima volta di un profugo allo Strega. Alla gara Dalai editore ha deciso di iscrivere la storia di Enaiatollah Akbari, il ragazzino afghano in fuga per monti e per mare dai talebani, dalla violenza e dalla miseria raccontato da Fabio Geda in Nel mare ci sono i coccodrilli: uno dei best seller a sorpresa dell’anno, già  riconosciuto per la qualità  letteraria malgrado il sottotitolo “Storia vera”: e ciò potrebbe fargli saltare a pie’ pari le polemiche preliminari sulla natura narrativa dell’opera.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment