by Editore | 7 Febbraio 2012 9:10
Con un decreto firmato domenica, il presidente Barack Obama ha ordinato di congelare tutte le proprietà e beni della Banca centrale iraniana e di altre istituzioni finanziare e del governo di Tehran negli Usa. La misura si estende alle banche di altri paesi, che rischiano sanzioni negli Usa se continuano ad avere «significative transazioni» con la Banca centrale dell’Iran.
Con questo decreto l’amministrazione Obama comincia ad applicare una legge firmata in dicembre; le sanzioni contro la Banca centrale cercano di fare terra bruciata attorno all’Iran, che avrà sempre più difficoltà a ricevere i pagamenti per il petrolio che esporta. Washington sta cercando di convincere i compratori di petrolio iraniano a rivolgersi ad altri fornitori (l’Arabia Saudita ha promesso di aumentare la sua produzione per sostituirsi all’Iran). Nel suo comunicato, la Casa bianca ribadisce che Tehran «affronterà pressioni sempre maggiori finché non avrà risposto alle documentate preoccupazioni della comunità internazionale circa il suo programma nucleare».
La tensione comntinua a salire, attorno all’Iran, ma anche i segnali contradditori. In una intervista televisiva domenica il presidente Obama ha negato che l’Iran sia in grado di colpire l’America («non ne abbiamo prove»), come sostenuto da fonti israeliane, e ha detto di non credere che Israele abbia deciso se attaccare l’Iran – anche se ha aggiunto che «ogni opzione è sul tavolo». Le minacce reciproche non mancano. Ma anche quelche appello alla ragione: Il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu ha dichiarato che un attacco occidentale all’Iran «provocherebbe un disastro nella nostra regione. Prima di quel disastro, bisogna impegnarsi sul serio nei negoziati».
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